FRANCESCO GERACI | Mu.De.To. - Museo del Design Toscano, Museo Design Toscana

Umberto Rovelli (Bologna, 1962). Laureato in Architettura, dal 1996 al 2018 è socio di Blue Klein, web agency impegnata nel campo multimediale per la promozione della cultura del progetto su Internet. Dal 2005 dirige la rivista IdeaMagazine.net. Dal 2008 al 2016 cura gli aggiornamenti del web ADI Toscana progettato da Blue Klein. Socio ADI dal 2010 al 2015, è curatore dei volumi MuDeTo Collection I.-V. (MuDeTo, Firenze 2014-'21), Mauro Pasquinelli Designer (Bandecchi&Vivaldi, Pontedera 2013) e Interviste sul Progetto (Franco Angeli, Milano 2011). Ha collaborato con le riviste “Op. cit.”, “Juliet Design Magazine”, “Paesaggio Urbano”, “ReportBio”, “Firenze Spettacolo”. Ha pubblicato contributi in: Adriano Piazzesi (Pontecorboli, Firenze 2016); Vincenzo Missanelli. Opere con un'antologia critica (Bandecchi&Vivaldi, Pontedera 2015); Antonio Possenti un lungo viaggio (Pacini Fazzi, Lucca 2013); Adriano Piazzesi. Arte nel silenzio (Polistampa, Firenze 2012); Massimo Mariani. Progetti 1980 - 2005 (Verba Volant, London 2005); Labyrinthos (Alinea, Firenze 1994). [x]

Un maestro concertatore

Istriano di nascita – originario di Fiume (oggi Rijeka) 1943 – e toscano d’elezione, Francesco Geraci è designer di vasta esperienza e rara competenza. Dal 1968 si occupa di interior design e principalmente di industrial design, applicando le maturate conoscenze a diversi settori della produzione (arredi per il lavoro, furniture, complementi d'arredo, con incursioni nel settore degli strumenti di esposizione e conservazione alimentare) collaborando con importanti aziende italiane ed estere e raggiungendo notevoli affermazioni nel campo del design (mostra S'asseoir, Grenoble Museum - Grenoble 1974; Neocon Design Award - Chicago 2005, Hospitality Design Award - Miami 2005).

Attraverso le sue numerose creazioni – specie nel competitivo settore delle sedute contract – offre testimonianze di rara cultura e sensibilità, giocando con forme, idee, epoche e materiali. Nel 2006 è membro del Comitato Promotore per la Delegazione toscana ADI di cui diviene socio fondatore. Dal 2007, è componente dell'Osservatorio Permanente del Design ADI, carica che mantiene fino al giorno della sua prematura scomparsa, all’età di 66 anni, il primo ottobre 2010. Il suo ultimo progetto – la seduta Uni realizzata postuma nel 2011 – esprime al meglio la raffinatezza di un talento progettuale efficace e lungimirante, capace di esplorare nuovi territori concettuali con esemplare equilibrio, personalità e senso della bellezza.

Nella sua lunga vita professionale – quasi mezzo secolo attività – Geraci ha in particolare legato il proprio nome a quello della seduta. Tipologia nella quale ha inteso costantemente far dialogare l’attualità con la storia ma, soprattutto s'è cimentato nel “riscatto” delle richieste del mercato orientandone gli esiti progettuali nel solco di quella cultura mitteleuropea che, fra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del ‘900 – pur con le ovvie contraddizioni e limiti –, ha avuto un ruolo realmente fondantivo per il design industriale.

Fra i suoi primi lavori, sul finire degli anni 60, troviamo alcuni prodotti – Gefa, Asletta e Ala (quest’ultima in collaborazione con Renzo Fantoni) – che affrontano il modo essenziale e persuasivo il tema della seduta peghevole. Tale tema, a partire dalla prima presentazione della Plia di Giancarlo Piretti, avvenuta nel 1967, suscitò enormi interessi produttivi ai quali Geraci seppe rispondere egregiamente realizzando con tre diverse aziende – Elios, Husta e Lubke KG – altrettante sedute che declinavano sapientemente il gusto dell’epoca – utilizzando supporti in pelle o rivestiti in canna d’india – e altresì caratterizzate da grande performatività, notevole impatto visivo e piacevole tattilità – come nel caso della sopra citata Ala. Sul medesimo tema Geraci ritornerà anche più tardi – ad esempio con Anta prodotta da Nuova Arredotecnica nel 1982 – con esiti comunque sempre molto convincenti.

Gli anni 70 e 80 vedono Geraci attivo in diverse collaborazioni con aziende come Casprini e Segis – dove è stato per qualche tempo anche art director –, Arper, Miniforms, Picotti, Omin, Softline-All Kit, Zeritalia, riuscendo sempre a dar luogo a proposte mature e d’equilibrata invenzione. In questo periodo Geraci ritaglia per sé il ruolo d’interprete dei temi della modernità – e delle sue icone – in un dialogo costante con la “classicità” industriale mitteleuropea. Un tratto costante del suo “fare forma” emerge nella chiara propensione per esiti formali che privilegino l’intreccio fra nitore tecnico e sinuosità sensuali. Un interesse peculiare che gli consente di proporsi in modo convincente sia con proposte contemporanee sia con rielaborazioni di temi e tipi desunti dai secoli scorsi.

Negli ultimi due decenni (dal 1990 al 2010), il riconoscimento delle sue doti di abile concertatore d’impresa portano Geraci a limitare le proprie esperienze professionali nella quasi esclusiva collaborazione con il Gruppo Industrie IFI.

Eleganti e robuste, in bilanciato equilibrio fra, eleganza, comfort ed ergonomia, le sedute realizzate in questo ventennio per Metalmobil, L&R e Steelmobil, sono un esempio sul campo d’un inesauribile talento ermeneutico del gusto del pubblico. Nello specifico formale come in quello procedurale e produttivo questo periodo rappresenta la piena maturità di Geraci sia come autore creativo sia come rigoroso e competente tecnico di settore.

Sul piano formale, nell'opera di Geraci si percepisce un’invariante riscontrabile in molti prodotti di questa lunga stagione collaborativa: il sotteso contrasto fra linee sinuose e profili retti, concavità e convessità, rigidità e morbidezza nei diversi coaguli formali raggiunti. Le fogge finali si caratterizzano così per franche, non occultate frizioni ed eterogeneità – sia materiche che morfologiche, fra curve ed angoli di scocca e supporti, tra masse frontali e profilo, fra struttura e rivestimenti. E ciò non solo per l’esplicita scelta di economia progettuale – che porta Geraci a evitare con naturalezza costruibilità industrialmente complesse – quanto piuttosto per la convinta interpretazione del bello contemporaneo in quanto polemos irrisolto, modernamente acquisibile solo per frammenti e lacerti e pertanto compiutamente restituito solo mediante modalità “aperte”, sottilmente bifide e contraddittorie.

Nervosamente inquiete, le sedie di Francesco Geraci condividono il segreto di una mobilità appena rappresa, allusiva a una molteplicità plastica non sempre colta e valorizzata dalla stampa di settore. Un elenco fin troppo esiguo di esempi appartenenti a questo arco temporale comprende – oltre alla poltroncina Ibis premiata nel 2005 sia al Neocon di Chicago sia all’Hospitality Design di Miami – le famiglie Aria e Net, i quasi antitetici sgabelli Ko-ala e Col, le sedie e poltroncine, Airone, Blu, Sandy – uno dei suoi più riusciti bestseller con oltre mezzo milione di esemplari venduti –, Hera, Butterfly, Florence, Talia, Syt e – ultime nate – Dafne e Uni. Quest'ultima, in particolare, esempio mirabile della padronanza con la quale Francesco Geraci era in grado di far dialogare costi contenuti, appeal e agilità di utilizzo, divenuta nel breve volgere di alcuni anni un’icona non solo aziendale ma internazionale.

La forma eccellente della quantità

Sarebbe errato limitare il ruolo di Geraci esclusivamente al campo espressivo e formale, assimilandone la parabola professionale a quella, pur rilevante, dell’ottimo interprete della propria epoca. L’indubbia capacità di relazionarsi al gusto del periodo non deve infatti far dimenticare che, al di là della mera intenzione plastico-formale rivolta al prodotto, il compito costantemente avocato per sé da Geraci non è “semplicemente” quello di foggiare sedie, quanto piuttosto quello di contribuire a foggiare aziende, dando loro modo di crescere e rinsaldare relazioni economiche del territorio sul quale gravitavano. Un ruolo storico che molti designer in Toscana si sono assunti responsabilmente nella seconda metà del secolo scorso e che, con l’avviarsi del terzo millennio, non sembra più così evidente e/o praticabile – stante soprattutto il progressivo volatilizzarsi del nesso territoriale tra area di produzione e azienda.

Per contro l’attenzione costante alla grande serie, la capacità di rispondere con efficacia ai desiderata imprenditoriali, il talento sicuro nel confrontarsi con gli accorrenti temi e le richieste del mercato – non solo quelle dettate dal trend ma, anche e soprattutto, le specifiche esigenze d’usabilità, performatività d’uso, stoccaggio, ecc... – ha spesso comportato il ridimensionamento del talento inventivo e delle notevoli capacità dimostrate da Geraci nel destreggiarsi su una questione tanto basilare come la plausibile resa creativa in un contesto iper-competitivo.

L’indigenza silenziosa del cogito

L’attività di Geraci è stata anche esemplare d'una bivalente modalità di relazione con l’impresa e gli attori implicati nella prototipazione e nell’ingegnerizzazione del prodotto che lo vede operare sia in prima persona – tramite l’ideazione progettuale, il disegno e l’attivazione di contatti diretti con committenze e collaboratori – sia nella in forma “mediata” – ovvero attivando e supervisionando competenze altrui secondo le finalità ultime di realizzatore di prodotti per il mercato. Una rete di relazioni complessa – per competenze e doti personali implicate – che per oltre quarant’anni gli consente di affrontare opportunamente le problematiche economiche e sociali di quel mestiere specifico e complesso rappresentato dal far sedie.

In un iter nomade che triangola la sede del proprio studio con i luoghi della verifica (costruibilità, resistenza, economia) del prodotto, il lavoro del progettista di sedute s'esplica per Geraci sia nelle accortezze preventive profuse nel progetto e nel prototipo – in quanto spesso i problemi di ingegnerizzazione del prodotto sono parzialmente affrontati escludendo “scorciatoie” costruttive troppo artigianali – sia nel talento strategico-gestionale della fase conclusiva di produzione – che riusce a garantire all’azienda il vantaggio competitivo di ottimi rapporti qualità/prezzo.

In quest’ultimo assillante imperativo alla riduzione del costo finale del prodotto sta una consapevole accettazione – ma anche una scelta di campo – rilevatasi per certi versi “autolesionista”, sotto il profilo puramente mediatico, sia per Geraci sia per molti autori toscani particolarmente coinvolti con la tipologia della sedia. Appare infatti in tutta evidenza che – almeno per il circuito della comunicazione del design system – non solo Geraci non abbia contribuito minimamente al linguaggio plastico di un’area produttiva importante, ma nemmeno abbia sostenuto e reso più forti le imprese con le quali ha operato. Nell'intero corso della sua carriera Geraci, infatti, persiste in un errore forse capitale per la cultura del progetto propalata dalle riviste di settore: non concependo l’industrial design come promozione di sé non crea oggetti d’éclat e, conseguentemente, non realizza mai (o quasi mai) prodotti virtualmente “da copertina” bensì prodotti realmente da negozio, ristorante, albergo, ecc...

La morale, solo parzialmente consolante, che possiamo trarre da tutto ciò è però che se in questi anni Geraci ha prodotto silenzio per il “circuito seduttivo” dei magazine dell'arredamento, il suo è stato certamente un silenzio eccellente, quantitativamente sostanzioso, qualitativamente sincero e assai più prossimo al nostro pubblico e ordinario quotidiano – fatto di attese dal medico o dall’avvocato, di scampagnate fuori porta, di gite al mare, di cene al ristorante per gli anniversari e i compleanni, ecc. – di quanto non lo siano mai state le sedute/scultura e i “pezzi d'arredo” disegnati da autori assai più accreditati internazionalmente.

Onorare oggi l’attività di Francesco Geraci significa pertanto rivendicare dignità, valore e riconoscimento per chi al dapprima strisciante, ed oggi sempre più eclatante decorativismo, ha sempre opposto quella che – riprendendo un’acuta formula di Sergio Benvenuto – potremmo chiamare l’indigenza del cogito. Una cartesiana misura che è l’espressione di un metodo, di un rigore tecnico e teorico che ha profonde radici in una fiducia – per certi versi dai tratti quasi fin de siècle – nel progresso e nella capacità di durata e di presa nei confronti del pubblico del gusto classico – ovvero neo-classico in senso ottocentesco. Un metodo nei cui risultati pare ancora possibile rinvenire l’ordito di una weltanschauung – magari “in minore” ma – assolutamente coglibile, istruttiva e trasmissibile anche in questi anni globalizzati, finanziarizzati e automatizzati (solo per citare le tre principali aggettivazioni sottese all’estremo declino della classe media che ormai tangibilmente si prospetta per gli anni 20 del XXI secolo).

Anonimo istriano

Sia come uomo che come professionista Geraci era profondamente convinto dei valori positivi ed “etici” insiti nella tecnica e nella serialità. E come molti altri autori toscani, non solo è stato un convinto estimatore della grande serie, ma, al pari di Vico Magistretti – anche se più privatamente –, un acuto e fermo critico tanto della piccola serie quanto della produzione di oggetti suntuari – che pure, soprattutto nella nostra regione, ha un indiscutibile ruolo culturale e occupazionale.

Progettista “altamente specializzato”, Francesco Geraci, non ha mai ritenuto d’essere un designer di “nicchia”, né di poter associare il proprio nome ai temi e alle espressioni del lusso. E questo non tanto per snobismo culturale, quanto piuttosto per una propensione quasi “antropologica” che lo portava a leggere nella sopravvivenza di specie un valore se non superiore almeno pari a quella del singolo. Geraci ha cioè sempre plausibilmente ritenuto il proprio talento come inscritto in una catena “biologica” più ampia, considerandosi cioè risorsa in quanto al servizio di altri, tessera di un quadro più ampio – non solo un’azienda, ma, soprattutto, una società – le cui logiche e urgenze sono forse più cogenti di quelle personali. In tale concezione sistemica il fallimento personale di un’utopia – la sua raggiungibilità asintotica essendo più pertinente al “noi” cui tutti si appartiene – rivela un risvolto utilmente operativo anche per l’oggi, erodendo luce e valore al solipsismo egotico, deprimendo il protagonismo dell’io in favore del lavoro d’equipe.

Per chi, come Geraci, abbia inteso assumersene responsabilità non solo derivate, il connubio fra quantità e basso costo – oggi solo sommariamente rinvenibile nei prodotti IKEA – ha quasi sempre comportato, un’implicita opzione di anonimato – più o meno casuale o ricercato – appena controbilanciato dall’arricchimento della speranza comune. Vivendo oscuramente la creatività – vuoi trattenendo il progetto nell’ambito della semplicità costruttiva in grandi quantità, vuoi non proponendosi apertamente come stilista di oggetti – la depressione egotica del progettista anonimo contribuisce a un successo complessivo che determina un vantaggio forse più modesto per chi ne beneficia, ma sicuramente indirizzato a un numero infinitamente superiore di individui.

All’interno di questa enigmatica equazione psico-sociale occorre collocare la parabola progettuale di Geraci per il quale – va forse ribadito – è valso ciò che vale per quasi tutti coloro che abbiano avuto il proprio imprinting nell’immediato dopoguerra; ovvero quando la speranza progettuale – ben al di là di un’urgenza di per sé assertiva – era avvertita come un cogente processo di «ricostruzione» per tutti. Analogo agli atti reali che dovevano rispondere alla questione rappresentata dal paesaggio urbano di macerie peculiare dell’Italia di allora, il progetto in quegli anni non poteva essere altrimenti definibile che un atto partecipe, corresponsabilmente teso a migliorare il benessere di tutti. E in tal senso Francesco Geraci resta un maestro d'eccellenza tuttora, forse, ineguagliato in Toscana e non solo.

	name:	Uni - collezione di sedute
2011	for:	Et al. (Metalmobil)
	name:	Sandy - collezione di sedute
1993	for:	Et al. (Metalmobil)


1956\|‘19	name:	Et al. (Metalmobil)

2007	Mostra ID-Design made in Pesaro - Rocca Costanza [14 - 21 Luglio] - Pesaro
2005	Premio Neocon Design Award, Chicago [USA]
2005	Premio Hospitality Design Award, Miami [USA]
1974	Mostra S'asseoir, Musée dauphinois [giugno - ottobre] - Grenoble [F]

	60 years of Metalmobil
2016	© video: Metalmobil / Et al.
	Handcraft Excellence
2016	© video: Metalmobil / Et al.
	Technological Innovation
2016	© video: Metalmobil / Et al.
	Gala Dinner
2016	© video: Metalmobil / Et al.

2012	Roberto Pieracini (a cura di), Cinquant'anni con il nostro territorio, Ifi, Pesaro
2010	Umberto Rovelli, In ricordo di Francesco Geraci, "IdeaMagazine.net", dicembre
2010	Umberto Rovelli, Il Salone dei Toscani, "Firenze Spettacolo", aprile
2009	Umberto Rovelli, Il Design ci fa belli, "Firenze Spettacolo", aprile
2007	Umberto Rovelli, Al Salone, al Salone!, "Firenze Spettacolo", aprile
2007	Umberto Rovelli, High Tech Domestico, "Firenze Spettacolo", febbraio
1974	Gérard Ifert, Béatrice Simon (a cura di), S'asseoir (Grenoble, Musée dauphinois, giugno - ottobre), Musée de Grenoble - Grenoble [F]

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Archivio Francesco Geraci
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ANNO	1943-’10
LUOGO	Rijeka (Fiume) [CR] \| Firenze
PRODOTTI	Uni, Sandy