di: Maria Cristina Tonelli 

Maria Cristina Tonelli (Roma 1951). Laureata in Storia dell'Arte presso la Facoltà di Lettere dell'Università degli studi di Firenze nel 1976. Dal 1976 al 1981 ha usufruito di una borsa di studio per la specializzazione in Critica d'Arte presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, dove nel 1981, in seguito a concorso universitario, è diventata ricercatore universitario. Dal 1982 al 2002 ha proseguito la sua carriera universitaria presso la Facoltà di Architettura, prima come ricercatore, poi come professore associato di Industrial design. Dal primo novembre 2002 è professore ordinario di Industrial design presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano. I suoi interessi scientifici sono rivolti alla storia dell'industrial design e, in particolare, all'analisi storico-critica del progetto e del prodotto industriale in relazione al suo tessuto storico, culturale, tecnologico, economico e produttivo. Si occupa anche di storia della moda, fra Ottocento e Novecento, e dei suoi problemi progettuali e produttivi in rapporto all'evoluzione della società, del mercato e del gusto. Ha collaborato con diverse riviste e ha scritto Il design in Italia 1925/1943 (Laterza, Roma-Bari, 1987), L'avventura dell'innovazione fra cultura materiale e strategia del progresso (Alinea, Firenze,1996) e Industrial design: latitudine e longitudine. Una prima lezione (Firenze University Press, Firenze, 2008). [x]

La stesura di questo testo non sarebbe stata possibile senza l’aiuto di Massimo Ruffilli, che l'autrice ringrazia sentitamente per la disponibilità.

Presentare il SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento progettato da Pierluigi Spadolini fra il 1982 e il 1983 potrebbe richiedere un lungo discorso o ridursi a una breve scheda, entrambe soluzioni percorribili ma poco convincenti, l’una per attrarre il lettore contemporaneo, poco incline a sottomettersi alle logiche di perversa minuziosità degli storici, l’altra per restituire importanza a un progetto poco noto e a un prodotto purtroppo dimenticato. Pur proponendomi un accettabile compromesso fra le due impostazioni, è necessario predisporre un quadro di riferimento per riportare lo studio alla sua pregnanza e cercare di spiegarsi il suo amaro destino.

L’abitare “provvisorio” fra mercato e utopia

Il tema tipologico che esso ha affrontato – quello dell’abitazione provvisoria d’emergenza – è stato uno dei più sentiti nel panorama della ricerca architettonica del Novecento, legandosi, per risalire alle sue radici, alla problematica sull’Existenzminimum degli anni Venti ma prendendo l’avvio con gli studi americani degli anni Quaranta sul problema di garantire un alloggio ai sinistrati dai bombardamenti bellici. Quello fu il punto di partenza di ulteriori studi nel secondo dopoguerra, solidali con le contemporanee ricerche sulla prefabbricazione edilizia, concentrati sulla sperimentazione di strutture leggere metalliche ampliabili e trasportabili che hanno visto architetti – americani, europei e giapponesi – impegnarsi con proposte fattibili, seppur non sempre arrivate al successo della produzione. Perché la soluzione del problema imponeva l’assunto che solo con l’impegno di una produzione industriale in officina si potesse attuare la tesi progettuale. Quindi era necessario che il partner industriale fosse coinvolto e consenziente. Questo, come spesso capita, fu molto più problematico e ce lo possiamo spiegare.

Se riflettiamo sul significato di “provvisorio”, il termine implica – e tutti possiamo concordare – le accezioni di temporaneità, di sostituibilità, portate volendo al limite della precarietà. Nell’ambito abitativo, il suo senso va a comprendere insediamenti abitativi posti da una domanda eccezionale o imprevista o transitoria che esula, per motivi diversi, dai processi di edificazione tradizionali. Una domanda che implica però due diversi percorsi: quello di rispondere a richieste oggettive e prevedibili, con un loro proprio mercato che indirizza le possibili, e diverse, risposte, e quello di fronteggiare una situazione d’emergenza, ipotetica e imprevedibile. Nel primo caso ricorrono le tante situazioni poste dal turismo, innanzi tutto da quello itinerante, dall’allestimento di cantieri, dalla predisposizione di alloggiamenti per la Difesa e per corpi operativi dello Stato, dall’organizzazione di strutture di servizio di vario genere per ogni tipo di evento o di situazione. Nel secondo caso, invece, lo scenario è una situazione di calamità improvvisa da affrontare nei suoi bisogni, nella sua urgenza, nelle sue difficoltà logistiche e nel rispetto delle persone vittime della catastrofe.

Si tratta chiaramente di due strade divergenti, e quale sia, delle due, quella scelta dal mondo dell’impresa è facile indovinarlo perché il primo quadro di riferimento ha un suo profilo preciso, richieste chiare, se non semplici, da assolvere, una sua continuità di domanda a fronte di un ventaglio di risposte simili, volendo complementari. Inoltre quelle risposte, dalla roulotte al container variamente pensati nella loro sistemazione interna, diventavano al bisogno – e in assenza di altro – soluzioni, non certo ideali ma immediatamente spendibili, per la situazione d’emergenza. Roulotte e container potevano trasmigrare con naturalezza o ineluttabilità ad assolvere quei diversi problemi visto che, almeno sulla carta, garantivano quei requisiti che essa impone: risposta veloce, per la disponibilità di scorte di magazzino o per la loro rapida producibilità, facilità di trasporto e di installazione. Poco interessa nell’immediatezza di un’urgenza che essi siano stati pensati per altre condizioni, sia pur provvisorie, che non espletino tutte le necessità che le condizioni di calamità comportano e soprattutto che presentino un comfort abitativo basso, come se il prolungato periodo d’impiego previsto sia una variabile secondaria.

Questa è in grande sintesi la situazione italiana alla fine degli anni Settanta dal punto di vista della realtà imprenditoriale, per altro purtroppo rimasta più o meno invariata ancor oggi. Il libro di Corrado Latina del 1988, Sistemi abitativi per insediamenti provvisori, radiografa un repertorio di piccoli produttori numerosi, dai profili non precisamente definiti, e soprattutto «fluttuanti, con una spiccata tendenza […] alle riconversioni produttive», guidata dall’immediato interesse economico [01]. Dal punto di vista del mondo architettonico, invece, il tema dell’abitazione provvisoria legata all’emergenza avrebbe dovuto essere affrontato con un pensiero progettuale prossimo, per sensibilità, a quello della casa tradizionale, ma con un’impostazione di processo attuativo divergente da quello dell’edilizia tradizionale, e della prefabbricazione edilizia, in pratica con lo stesso approccio che qualifica lo studio di un prodotto da parte di un industrial designer. Qualità questa che mancava ai nostri progettisti, esclusi quei pochi che si cimentavano anche nella “piccola scala” di progetto, come Alberto Rosselli, Marco Zanuso e Richard Sapper avevano dimostrato alla mostra di New York del 1972 – Italy, the New Domestic Landscape – nella sezione Design as Postulation, benché i loro futuribili prototipi di case mobili non ipotizzassero una particolare situazione d’intervento o uno specifico destinatario. Insomma, nell’ottica compositiva, l’argomento risultava affascinante e degno di considerazione ma, mancando uno stimolo preciso, una situazione concreta di committenza, una serie di dati di riferimento che vincolassero la risposta, si concretizzava in ipotesi al limite della concretezza o in esercizi sentiti nella loro urgenza, intellettuale e sociale. Ma chi avrebbe dovuto essere il committente che avrebbe potuto mettere in atto e incanalare quella disponibilità alla ricerca?.

[01] Cfr. Corrado Latina, Sistemi abitativi per insediamenti provvisori, BE-MA, Milano 1988.

Alberto Rosselli (in coll. con Isae Hosoe), Mobile House | Patron: FIAT; produzione: Carrozzeria Renzo Orlandi, Carrozzeria Boneschi, Industria Arredamenti Saporiti, Boffi; assistenza: Valenti, Nonwoven, Rexedil [x]

Studio Zanuso, Marco Zanuso e Richard Sapper, Complete and fully equipped habitations, easily transportable and ready for immediate use | Patrons: ANIC-Lanerossi, FIAT, Kartell, Boffi; produzione: FIAT, con la partecipazione di Boffi e Kartell [x]

Vulnerabilità territoriale e incertezze normative

Qui si apre l’altro lato dello scenario: se l’imprenditore risulta sordo alle istanze dell’emergenza per un corretto, e giustificabile, calcolo di convenienza, se il progettista è in una condizione di disponibilità utopica, perché mutilata da un concreto incarico, meno perdonabile è l’indifferenza del mondo della politica e degli apparati statali, nazionali e locali, verso quelle azioni utili a circoscrivere i danni delle calamità naturali. La condizione di accidentalità di una calamità, quand’anche riguardasse i soli terremoti, è un motivo che non giustificava, né giustifica, l’inerzia del burocrate. L’Italia è terra interessata da un’attività sismica importante e ripetuta nel tempo, dovuta a specifiche condizioni geologiche e geografiche. E che tali fenomeni siano ineludibili ce lo racconta la costanza ravvicinata con cui si ripropongono; basta in questo senso scorrere i siti che elencano quelli avvenuti nel passato [02].

[02] Cfr. Emanuela Guidoboni, Graziano Ferrari, Dante Mariotti, Alberto Comastri, Gabriele Tarabusi, Giulia Sgattoni, Gianluca Valensise (2018) - CFTI5Med, Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (461 a.C.-1997) e nell’area Mediterranea (760 a.C.-1500), Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). doi: https://doi.org/10.6092/ingv.it-cfti5 [consultato il 5 maggio 2022].

Sarebbe spettato o spetterebbe ai nostri governanti innanzitutto una corretta gestione dell’ambiente anche solo in chiave strategica, per precorrere l’uso irrazionale del territorio con norme che riducessero e riducano lo stato di rischio. Perché la pericolosità di un evento naturale disastroso, con tutte le sue conseguenze in termini di perdite umane e di danni materiali, è accentuata dalla vulnerabilità di un sito, determinata da tutta una serie di fattori riconducibili a decisioni umane inavvedute e procrastinate. E inoltre avrebbe dovuto spettare loro, o spetterebbe loro, una predisposizione degli interventi immediatamente successivi all’evento di catastrofe naturale per ridurre i problemi e i disagi delle popolazioni colpite, per contenere i costi sociali ed economici dei disastri. È vero che – riferendoci al periodo che stiamo trattando – esisteva la legge 996 dell’8 dicembre 1970, nata dall’evidenza dell’inadeguatezza della struttura centrale dei soccorsi in occasione tanto dell’alluvione di Firenze del 1966 che del terremoto del Belice del 1968, ma disciplinava esclusivamente il momento dell’emergenza e non prospettava una struttura operativa permanente, reale, a disposizione né tanto meno una visione a lungo termine degli interventi.

In questo scenario di assenza di interesse per una prevenzione e di conseguenti predisposizioni fattuali di intervento, a distanza di quattro anni avvengono in Italia due terremoti gravissimi. Con epicentro tra i comuni di Gemona e Artegna in Friuli, il 6 maggio 1976 [03], alle ore 21 e 12 secondi, la terra trema per cinquantanove secondi. E trema nuovamente il 23 novembre 1980 alle ore 19,34 per un minuto e venti interminabili secondi, con epicentro in Irpinia. In entrambi i casi le conseguenze sono morti, tanti, paesi quasi interamente rasi al suolo, altri gravemente danneggiati e isolati, interruzione di ogni comunicazione che dia consapevolezza sulla reale dimensione degli eventi e sulla loro estensione territoriale, ritardi e approssimazione nei primi soccorsi.

[03] Si verificarono altre due scosse l’11 e il 15 settembre di quello stesso anno che portarono ulteriori danni.

La gestione commissariale dell’emergenza

L’urgenza e la drammaticità della situazione friulana impongono al governo di istituire subito, pur nell’incertezza normativa che non disciplinava questo ruolo e i suoi effettivi poteri, una figura di riferimento che accentrasse ogni decisione, pianificasse e coordinasse ogni operazione di assistenza ai superstiti e di intervento sul territorio leso. Giuseppe Zamberletti fu il parlamentare scelto per questo compito di Commissario straordinario, che svolse con efficacia nonostante la legge allora in vigore ne limitasse i poteri e li delimitasse alla sola “primissima emergenza” [04].

[04] Si fa riferimento alla citata Legge n. 996, dell’8 dicembre 1970.

Benché egli si ponesse seriamente «il problema operativo di come far passare alla popolazione il periodo transitorio verso una fase di più normale sistemazione, pur ancora transitoria ma accettabile, che avrebbe compreso l’autunno e l’inverno successivi», fu costretto a lasciare il suo incarico il 25 luglio perché esauriti i doveri emergenziali stabiliti dalla norma esistente. Le due, successive, sempre terribili, scosse, del settembre 1976, riportarono Zamberletti sulla scena friulana «ma stavolta con poteri molto più ampi e di carattere eccezionale, […] poiché si trattava di saldare ormai la fase di soccorso con quella più complessa della ricostruzione»[05].

[05] Cfr. Giuseppe Zamberletti, Friuli 1976-1977: la gestione dell’emergenza in relazione ai terremoti di maggio e di settembre, memoria riportata in www.eucentre.it/friuli-1976-1977-la-gestione-dellemergenza-in-relazione-ai-terremoti-di-maggio-e-di-settembre-di-giuseppe-zamberletti/ [consultato il 5 maggio 2022].

Il programma messo a punto, anche in seguito alle nuove distruzioni intercorse, implicò lo spostamento delle popolazioni – 40.000 persone – in alberghi della costa per superare l’inverno, la rapida realizzazione di alloggi prefabbricati – 10.500 – dove poi far rientrare gli sfollati, il reperimento di migliaia di roulotte per garantire la permanenza in zona di chi doveva restarci per motivi di lavoro, visto che era stato deciso, dagli stessi friulani, di dare la priorità della ricostruzione agli edifici destinati alle attività produttive, per permettere una veloce ripresa economica. L’impeccabile gestione dell’operazione in tutte le sue fasi si concluse il 30 aprile 1977 con il “reinsediamento” delle persone nei loro comuni, garantendo al contempo all’industria turistica della costa di non perdere l’attività turistica dell’estate, e con l’avvio del percorso della reale ricostruzione dei siti.

Giuseppe Zamberletti viene nuovamente coinvolto all’indomani del terremoto del novembre 1980, un sisma ancor più drammatico e catastrofico per estensione – coinvolgendo Basilicata, Puglia e Campania – e danni: tremila i morti, novemila i feriti, trecentomila i senzatetto. Nominato Commissario straordinario del Governo il 25 novembre, mette fine al caos dei primi giorni e avvia la macchina dei soccorsi con le competenze acquisite nella precedente esperienza. In pochi mesi riesce a superare la fase dell’emergenza con la consueta risolutezza e determinazione, sua e di quanti con lui collaborarono, seppur non esente da critiche. Ma queste doti, finito come previsto lo stato immediato d’urgenza, poco poterono nel prosieguo della vicenda.

Verso una governance territoriale

Il modello quasi paradigmatico della ricostruzione in Friuli, che aveva legato il recupero ad una politica di sviluppo territoriale, alla riattivazione dei settori produttivi e al coinvolgimento delle comunità locali, non riesce a trovare applicazione in quest’area socialmente così diversa [06].

[06] Cfr. Valentina Corvigno, Terremoto e ricostruzioni in Irpinia. Il restauro e i piani di recupero dei centri storici minori, Tesi di dottorato in Storia e conservazione dei beni architettonici e del paesaggio, XXV ciclo, Università degli Studi di Napoli Federico II, consultabile in:
fedoa.unina.it/9347/1/TERREMOTO%20E%20RICOSTRUZIONI%20IN%20IRPINIA.pdf [consultato il 5 maggio 2022].

Ne conseguirono infiniti ritardi nel recupero del patrimonio edilizio e una faticosa lentezza nel processo di ricostruzione, scanditi da innumerevoli speculazioni e consistenti infiltrazioni della criminalità organizzata, oggetto poi di una, inutile, Commissione parlamentare d’inchiesta guidata da Oscar Luigi Scalfaro. Un capitolo buio della storia italiana che ha però un suo risvolto positivo. In quei drammatici giorni matura nel politico Zamberletti la necessità di una legge che superi quella esistente e affronti con visione diversa il concetto di protezione civile, non limitandolo al solo soccorso e alla mera predisposizione degli interventi e al loro coordinamento quando si presenta una calamità, ma allargandolo ai concetti di tutela, di previsione e prevenzione, con una struttura stabile ed efficiente che abbia personale formato e capace di intervenire con competenza e rapidità sui vari scenari di rischio. Il disegno di legge è del febbraio 1982. Avrà un iter parlamentare lungo che arriverà allo stato di legge solo nel 1992, benché nel frattempo si creino subito, per decreto, un Dipartimento operativo, un Fondo economico e gruppi scientifici di ricerca.

L’ipotesi di un sistema abitativo di pronto intervento

Questo è il primo risvolto positivo da ascrivere a Zamberletti, determinante, perché significava interrompere e contrastare l’inerzia del mondo politico. Ve ne è però un secondo che, dal nostro punto di vista, è ancor più importante, maturato dalla sua riflessione sui problemi affrontati prima in Friuli e poi in Irpinia per dare alloggio ai senzatetto: il difficile reperimento di strutture provvisorie – tende, roulotte, container – che andavano velocemente rinvenute, a volte perfino requisite, e trasportate nei vari siti a dispetto dell’interruzione dei collegamenti – e il loro costo: tanto materiale, dato che non potevano essere riutilizzate dopo usi che spesso si prolungavano nel tempo, quanto sociale, per l’insoddisfazione delle famiglie per quelle soluzioni frequentemente inospitali e precarie. Zamberletti è convinto che il primo stadio dei soccorsi non possa evitare il ricorso alla tenda, ma è altrettanto convinto che questo strumento, veloce da approntare per dare un ricovero immediato, debba limitare il proprio utilizzo a pochi giorni per essere poi sostituito da una modalità che prefiguri stabilità e permanenza in attesa della ricostruzione effettiva. In altre parole, uno strumento già predisposto, che possa essere organizzato con rapidità ed efficienza, a ricostruire il senso di un insediamento, ed escluda quelle strutture provvisorie, delle quali si diceva, come quelle successive, prefabbricate, sempre transitorie, non sempre migliorative della qualità abitativa soprattutto in un tempo d’uso che si prolungava per anni [07].

[07] Zamberletti è consapevole che i diversi mezzi impiegati provvisoriamente – roulotte, container, prefabbricati leggeri – creavano «disagi e gravi diseconomie dovute a fattori quali la necessità di adattare tali mezzi ai bisogni momentanei, l’accavallamento degli stessi nelle varie fasi di intervento, il rapido deperimento delle roulotte, il basso livello abitativo dei container, l’elevato grado di deperibilità dei prefabbricati, la forte incidenza delle opere di urbanizzazione e di fondazione, il degrado dei terreni utilizzati». Cfr. L’Italstat. Dalla città al territorio: le opere del Gruppo guidato dall’Italstat, finanziaria dell’Iri per le infrastrutture, l’edilizia, l’ingegneria civile e l’assetto del territorio, pubblicazione a cura del Servizio Ricerca e sviluppo dell’Italstat, Arca Edizioni, Milano 1989.

L’idea di Zamberletti era quella di saltare tutti questi diversi passaggi – e il loro non indifferente costo, in termini materiali e sociali – per avere un sistema abitativo predisposto, su cui contare in tempi rapidi, con standard qualitativi alti, grande flessibilità organizzativa, facilità di montaggio, in grado di ricreare anche emotivamente la consapevolezza di una comunità, e che fosse gestito e controllato dallo Stato, a garanzia della sua efficienza.

Da uomo di istituzioni, Zamberletti si rivolge per la sua richiesta, fra il 1980 e il 1981, a quella holding delle partecipazioni statali esistente, che sembrava l’interlocutore più affidabile se non il più teoricamente interessato a intercettarne l’urgenza e la necessità: quell’Italstat, Società Italiana per le Infrastrutture e l’Assetto del Territorio, costituita nel 1968 dall’IRI, la quale controllava e presidiava, per mezzo di società partecipate, la realizzazione e la manutenzione di opere pubbliche, da ogni tipo di infrastruttura all’edilizia pubblica e di servizio [08]. Suo amministratore delegato, dal 1974, era Ettore Bernabei, persona con un profondo senso di responsabilità civile, quella che aveva evidenziato nei molti anni di direzione della Rai, e del bene comune, e lungimirante nella sua visione strategica di utilizzare la società pubblica come mezzo per modernizzare il paese e imporlo all’attenzione internazionale quale realtà operativa utilizzabile in grandi progetti infrastrutturali.

[08] Cfr. Francesco Silva (a cura di), Storia dell’IRI. 3. I difficili anni ’70 e i tentativi di rilancio negli anni ’80: 1973-1989, Laterza, Roma-Bari 2013. Sull’attività dell’Italstat, si veda anche il citato L’Italstat. Dalla città al territorio: le opere del Gruppo guidato dall’Italstat, finanziaria dell’Iri per le infrastrutture, l’edilizia, l’ingegneria civile e l’assetto del territorio, pubblicazione a cura del Servizio Ricerca e sviluppo dell’Italstat, Arca Edizioni, Milano 1989. Va puntualizzato che le società del Gruppo Italstat avevano già collaborato con il Commissario Zamberletti alla fase della post-emergenza e della ricostruzione in occasione del terremoto del 1980.

All’Italstat, Bernabei aveva messo in piedi, per essere aiutato nelle sue decisioni, un comitato scientifico di esperti [09], la provata competenza delle quali copriva tutti i settori presidiati dalla società. Ad esse viene girata la richiesta di Zamberletti, non facile né nuova – come già si diceva – per il mondo del progetto.

[09] Il comitato scientifico era composto in gran parte da professori universitari che coprivano i vari ambiti di competenze dell’Italstat: ing. Gino Parolini, esperto di impianti tecnici per l’edilizia; ing. Riccardo Morandi, esperto di strutture in cemento armato; ing. Roberto Di Stefano, esperto di restauro dei monumenti; arch. Pierluigi Spadolini, esperto di prefabbricazione edilizia; ing. Ernesto Stagni, esperto di tecnica e di economia dei trasporti pubblici; arch. Francesco Gurrieri, esperto di restauro dei monumenti; arch. Giovanni Klaus Koenig, esperto di trasporto pubblico; ing. Claudio Podestà, esperto di infrastrutture; avv. Giuseppe De Rita, esperto di sociologia; arch. Massimo Ruffilli, come segretario.

Nel gruppo di consulenti, come esperto di industrializzazione edilizia, era presente Pierluigi Spadolini, architetto, con una felice e lunga pratica di industrial designer, docente universitario a Firenze, che aveva animato la nascita di un nuovo settore scientifico, quello della Tecnologia dell’Architettura, per innervare di una diversa identità quella disciplina di mero supporto alla pratica progettuale e farla assurgere a fattore determinante non solo del processo compositivo ma di tutta la trasformazione dell’ambiente costruito grazie alle relazioni ben più complesse – non solo tecniche, ma politiche, economiche, sociali – che essa implicava e poteva instaurare.

Approccio industrial e analisi del contesto internazionale

È Spadolini, forte delle sue ricerche nell’ambito dell’edilizia industrializzata e di quella d’emergenza, che convince Bernabei ad accogliere la richiesta, rendendosi lui stesso disponibile allo sviluppo del progetto, nonostante la sua implicita sfida. Perché di sfida si trattava. Zamberletti aveva idee chiare, nelle sue pretese di committente, circa l’unità abitativa che prefigurava: voleva che suggerisse l’idea di casa e come una casa avesse un ingresso protetto ed emotivamente definito; che fosse semplice da trasportare con ogni possibile mezzo, cioè su gomma o su rotaia – e quindi rispettando la sagoma limite dei veicoli normalmente adibiti a questa funzione – o perfino aviotrasportabile con elicottero, qualora le condizioni ambientali del luogo sinistrato presentassero danni alle infrastrutture; che fosse pronta all’uso, in altre parole tanto producibile in tempi rapidi quanto immagazzinabile e disponibile in qualsiasi momento; che fosse facile da montare senza dover ricorrere a personale specializzato; che fosse riutilizzabile. Pretese corrette che dimostravano le pertinenze da lui maturate, ma che rendevano il compito progettuale, già complicato, di gran lunga più complesso.

Si creano subito due commissioni di ricerca istruttiva, una, promossa da Tecnocasa – una società di studio sui sistemi per l’edilizia industrializzata, facente capo all’Italstat –, affidata a Nicola Sinopoli, Giuseppe Turchini ed Ettore Zambelli, per affrontare il tema dell’emergenza a largo raggio, e una, voluta proprio da Bernabei, condotta sul campo, assegnata a Massimo Ruffilli e Flavio Tito, per raccogliere esempi internazionali di reali case prefabbricate, meglio se ampliabili e aviotrasportabili, che fornissero suggerimenti di partenza per il progetto spadoliniano. Questo gruppo, che visita aziende dedicate alla loro realizzazione e commercializzazione negli Stati Uniti e in Canada, ma anche in Gran Bretagna e in Francia, riporta una ricca casistica in termini numerici, seppur uniforme nelle risultanze. Infatti nella realtà statunitense e canadese era normale e di grande popolarità ricorrere ad alternative abitative mobili, usandole come permanenti, dato il loro costo contenuto. Sebbene la maggior parte degli esempi raccolti fossero dei semplici e angusti container, due casi proponevano delle soluzioni di espansione della metratura, seppur limitate a un lato solo. Questi, uno francese e uno americano, risultarono interessanti per Spadolini come punto di partenza per la sua riflessione progettuale, soprattutto per il ricorso al sistema di rotazione delle pareti che, a suo giudizio, era l’unico percorribile per evitare inconvenienti meccanici determinati da eventuali agenti atmosferici.

Ma un altro aspetto utile venne da questi materiali: la conferma che bisognasse affrontare l’obiettivo produttivo con logiche di produzione industriale. Il progetto non doveva essere impostato con le abituali metodiche della prefabbricazione edilizia, pesante o leggera che fosse, ma con quelle di un prodotto industriale vero e proprio, come fosse un’automobile o un frigorifero: in altre parole, una casa, sì, ma interamente realizzata in fabbrica, realtà di per sé inesistente. E tema che poteva essere elaborato solo da un progettista che, pur affrontando il tema abitativo, non lo avvicinasse da architetto ma da industrial designer, e che avesse competenza e dominio del significato e delle procedure della produzione industriale. Spadolini si impone, quindi, di ragionare da architetto per quanto riguarda i requisiti ambientali – di fruibilità, di standard dimensionali, di dotazione – e la qualità abitativa dell’unità, da tecnologo per quel che comprende la predisposizione delle componenti di autonomia funzionale e di servizio del complesso, da designer per la materiale prefigurazione del progetto nell’ottica delle sue tecnologie costruttive, dei materiali e pertanto della sua producibilità industriale.

Un sistema abitativo comunitario

L’idea progettuale di Spadolini si concentrò quindi sull’ipotesi di una unità ampliabile che triplicasse la sua superficie, partendo da quel vincolo dimensionale dato dalla sagoma limite del veicolo di trasporto su gomma, che imponeva una larghezza entro i 2,55 metri. La struttura da ideare doveva rispondere a modalità di fabbricazione industriale, pensata per lo più in metallo e materie plastiche, rapida da produrre e da installare, facile da trasportare e da mettere in opera, recuperabile, manutenibile, con un buon rapporto costo/durata, finita in fabbrica, chiusa in fase di trasporto ma espandibile in fase di esercizio. Tuttavia Spadolini non si ferma qui: il suo modulo doveva essere così flessibile da configurarsi sia come abitazione, e differenziata per consistenza di nucleo familiare, sia come ogni altro edificio utile alla vita di una società, divenendo alla bisogna scuola, chiesa, banca, ufficio postale, ambulatorio, negozio, grazie a elementi di connessione che collegando più unità assicurassero quelle diverse richieste di prestazione. Naturale, poi, che dovessero essere previsti, in attesa di una realizzazione permanente dei sistemi infrastrutturali, altri moduli che garantissero la raccolta dei liquami, la distribuzione dell’acqua e dell’energia elettrica. L’obiettivo, quindi, non era semplicemente risolvere un problema abitativo dettato dall’emergenza ma configurare un sistema che, impostando un borgo, ricreasse una comunità, desse un senso di speranza e di continuità a persone che avevano perso tutto.

L’idea si formalizza e Spadolini la presenta a Bernabei con un piccolo modello, per spiegarne l’ingegnosa concezione: una banale scatola da scarpe che si squadernava e si ampliava. Era in nuce il MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento, l’elemento costituente del SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento. A voler essere corretti, la sua precisa definizione sarebbe quella di MPL - Modulo base Pluriuso, visto che esso assume la denominazione MAPI, solo se usato nella configurazione di residenza.

Pierluigi Spadolini, L'abaco del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini [x]

Un volume a geometria variabile

Il MPL è il fulcro del complesso. È un parallelepipedo a geometria variabile proposto in due diverse dimensioni – una di 7,50 x 2,44 x 2,40 e una di 9,12 x 2,44 x 2,40 –, la variazione delle quali, ferme restando altezza e larghezza, è data dalla loro lunghezza. Tali misure, corrispondenti a quelle standard internazionali di un container, consentivano al modulo di viaggiare su treni merci, aerei e autoarticolati, senza dover prefigurare procedure di trasporto eccezionale. Il modulo, una volta collocato sul terreno e aperto, triplica il suo volume in modo da ottenere una superficie utile che varia fra i 55 e i 67 metri quadri.

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: piante quotate e dati dimensionali del modulo MPL - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori (qui adibito ad uso abitativo, ossia MAPI), 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: due fasi della messa in opera in loco del modulo MPL - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Fase I: il modulo a ingombro volumetrico ridotto adottato per il trasporto; Fase II: lo stesso modulo aperto volumetricamente triplicato in modo da ottenere una superficie utile che varia (in funzione della lunghezza longitudinale di 7,50 o 9,12 m) fra i 55 e il 67 metri quadri | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini [x]

La struttura del nucleo centrale è un telaio in lamiera di acciaio «realizzato da due longheroni con funzione di slitta, collegati fra loro trasversalmente da travi secondarie. A ciascuno dei longheroni sono collegate, mediante cerniere, due travi, estraibili […], sulle quali vanno ad appoggiare i pannelli di pavimento mobile. Sul telaio è posizionato il pianale destinato ad accogliere il pavimento. Al telaio slitta sono poi collegati dei portali rigidi realizzati in lamiera d’acciaio stampata a freddo e zincata. Sui portali longitudinali è fissata, mediante bulloni, la copertura a due falde realizzata con profili d’acciaio piegati a freddo. Le chiusure esterne sono realizzate mediante due lastre di resina poliestere insatura, polimerizzata e rinforzata con fibra di vetro (Prfv), accoppiata da uno strato di polisocianurato con funzione di isolante. I bordi dei pannelli sono chiusi da profilati in vetroresina».

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: nucleo centrale strutturale del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | In evidenza i tre elementi base del nucleo centrale: I.) Telaio su slitta e planale; II.) Portali longitudinali e trasversali; III.) Struttura del pannello di copertura fissa.
I.) Il Telaio, realizzato in profilati laminati a caldo e lamiere d’acciaio è costituito da due longheroni con funzioni di slitta, collegati tra loro trasversalmente da travi secondarie. A ciascuno dei longheroni sono collegate, con cerniere, due travi, estraibili mediante rotazione, sulle quali vanno ad appogiare i pannelli di pavimento mobile. Dette travi hanno alla loro estremità una piastra d’appoggio in lamiera nervata a forma di disco, dotata di vite di regolazione di dimensione variabile, tale da contenere la pressione di contrasto sul terreno. Al di sopra del telaio sopra descritto è posizionato il pianale destinato ad accogliere il pavimento, fissato mediante bullonatura. Lungo i lati longitudinali sono applicati, mediante rivettatura, due profilati estrusi in lega leggera, che costituiscono le culle di rotazione dei pannelli di pavimento mobile. La coibentazione del pianale è realizzata in poliurelano rigido espanso;
II.) I Portali longitudinali e trasversali sono costituiti da telai rigidi realizzati in lamiera di acciaio piegata e zincata, collegati al telaio slitta mediante bullonatura dei montanti alle traverse predisposte nel telaio di cui sopra. La rigidezza delle lamiere è stata ottenuta mediante imbutiture praticate sulle stesse;
III.)La Struttura del pannello di copertura fissa è a due falde, realizzata mediante profilati in acciaio piegati a freddo, di sezione ad omega, collegata, mediante bulloni, ai portali longitudinali | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: nucleo centrale strutturale del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Vista da sotto del telaio base della struttura del nucleo centrale realizzato in lamiera di acciaio e costituito essenzialmente da due longheroni con funzione di slitta, collegati fra loro trasversalmente da travi secondarie | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: nucleo centrale strutturale del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Sopra: (evidenziata in azzurro) l'area dei longheroni con funzione di slitta in cui si trovano incassate le due travi, estraibili mediante cerniere, che costuiscono il piano di appoggio dei pannelli di pavimento mobile. Sotto: l’estrazione, mediante cerniere, delle travi dal telaio di basamento e loro posizionamento ortogonale rispetto alla posizione originaria (a sx); rotazione su dette travi, da un lato e dall’altro del modulo, delle due pannellature che costituiscono le fiancate del modulo in fase di trasporto, in modo da creare la pavimentazione della versione ampliata (a dx) | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio (sopra) / © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO (sotto) [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: nucleo centrale strutturale del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Evidenziato in azzurro il pianale, destinato ad accogliere il pavimento, sovrapposto e fissato ai longheroni con funzione di slitta | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: nucleo centrale strutturale del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Evidenziati in azzurro i portali rigidi realizzati in lamiera d’acciaio stampata a freddo e zincata collegati al pianale sovrapposto e fissato ai longheroni con funzione di slitta | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: nucleo centrale strutturale del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Evidenziata in azzurro la copertura a due falde realizzata con profili d’acciaio piegati a freddo e fissata sui portali longitudinali mediante bulloni | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Tale descrizione delle caratteristiche tecnologiche del sistema che ci fornisce il libro di Corrado Latina nella scheda descrittiva del SAPI [10] potrebbe apparire un po’ astrusa e riservata agli addetti ai lavori.

[10] Cfr. Corrado Latina, Sistemi abitativi per insediamenti provvisori, BE-MA, Milano 1988, p.157. Ho omesso dalla citazione una specifica errata quando si indica che le travi si estraggono “per rotazione”, cosa di per sé inattendibile.

Cosa ci indica? Intanto la sua impostazione di prodotto industriale; poi la cura di progetto quando si allude ai “due longheroni con funzione di slitta”, che sono fondamentali per risolvere senza problemi l’operazione di traslazione del modulo dal pianale dell’autoarticolato al terreno; e ancora, nell’accenno alla copertura a falde, il desiderio di caratterizzare il modulo come un edificio, con il tratto abituale che lo contraddistingue, il tetto spiovente, appunto. Dobbiamo mettere in relazione questa soluzione alla precisa richiesta di Zamberletti di un ingresso arretrato e protetto, certo, anche se si rivela ulteriore segno di una connotazione partecipe dei sentimenti dell’utente. Ed ancora, le righe tecniche riportate ci indicano l’accuratezza nella previsione di ogni fase di espansione del modulo. Proviamo a spiegarla, aiutandoci con le fotografie rimaste, anche se sarebbe più semplice avere a disposizione il filmato che al tempo fu fatto, del quale si è però persa traccia [11].

[11] Questo repertorio di immagini fa riferimento alla dimostrazione del funzionamento del MPL fatta sul prototipo.

Una volta posizionato sul terreno, il modulo viene aperto mediante la rotazione su cerniere delle diverse pannellature di cui è composto [12]. Il primo atto consiste nell’estrazione dal telaio di basamento delle travi sulle quali si andranno ad appoggiare, da un lato e dall’altro del modulo, le due pannellature che costituiscono le fiancate del modulo in fase di trasporto, in modo da creare la pavimentazione della versione ampliata.

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: sezione del Modulo MPL/MAPI chiuso, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | In evidenza la sovrapposizione di pannellature – che costituiscono gli elementi dell’insieme plastico volumetrico finale – e i profili di bordo ai quali sono affidate tutte le funzioni di articolazione e di battuta fra pannelli adiacenti oltre a quelle strutturali. Per la realizzazione di questi profili in vetroresina, è stata utilizzata la tecnologia della “pultrusione”, applicata nel settore delle materie plastiche per la costruzione di pezzi speciali, ma mai, sino ad allora, usata nel settore edilizio. Questa tecnologia ha consentito la produzione di elementi di ottima precisione, con forme scatolari e tubolari anche complesse, resistenti a carichi di rottura paragonabili a quelli dei metalli | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

[12] Tali cerniere sono state appositamente studiate e realizzate in acciaio, avendo funzione strutturale. Esiste una serie di fotografie di particolari, anche questi appositamente progettati, sia estrusi in vetroresina sia stampati ad iniezione in policarbonato, che servivano come elementi di connessione, ovviamente non portanti.

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: installazione del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Nella sequenza disegnata (sotto) le due fasi che consentono l'ampliamento del piano di pavimentazione del modulo: Fase I.) l’estrazione dal telaio di basamento delle travi (disegno al centro); Fase II.) una volta disposte ortogonalmente alla posizione originaria, su dette travi si vanno ad appoggiare (disegno a sinistra), da un lato e dall’altro del modulo, le due pannellature che costituiscono le fiancate del modulo in fase di trasporto, in modo da creare la pavimentazione della versione ampliata | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Qui è necessaria una prima postilla. Cosa ci raccontano queste pannellature? Che Spadolini ha ben presente il problema che durante lo spostamento il MPL potrebbe subire qualche involontario danneggiamento. Facendo diventare le fiancate esterne del modulo pavimentazione, e per di più con la faccia esterna (nel trasporto) rivolta verso il terreno, ovviava alla necessità di un qualsiasi, possibile intervento di restauro. La seconda postilla è sul collocamento a terra delle travi estraibili. Il MPL, per essere funzionale dal punto di vista della sua messa in opera, non doveva richiedere opere di fondazione. Ecco giustificata la presenza di quattro grandi piastre metalliche alle estremità delle travi estraibili che, grazie ai loro martinetti, permettono il corretto ed equilibrato posizionamento del modulo, a dispetto dei fuori-piano del suolo, e garantiscono stabilità al modulo.

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: installazione del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | | Per essere funzionale dal punto di vista della sua messa in opera, il Modulo non doveva richiedere opere di fondazione. Si giustifica così la presenza di quattro grandi piastre metalliche alle estremità delle travi estraibili (al centro a sinistra) che, grazie ai loro martinetti (evidenziati in azzurro in basso a sinistra e nell'immagine a destra), permettono il corretto ed equilibrato posizionamento del modulo, a dispetto dei fuori-piano del suolo, e garantiscono stabilità al modulo | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Completata questa prima, le fasi successive prevedono l’innalzamento, per ribaltamento, prima delle pannellature che andranno a costituire le facciate longitudinali del modulo (incernierate nella versione chiusa su quelle precedenti, di pavimentazione), poi quelle che costituiranno la copertura dell’espansione (incernierate nella versione chiusa sulla fiancata interna). Per il completamento dell’assetto è a questo punto necessaria l’uscita, per rotazione, delle quattro pannellature che andranno a definire la facciata anteriore e posteriore del modulo (incernierate nella versione chiusa sempre sulle fiancate interne). Postilla utile, di commento: come abbiamo visto le “facciate” esterne sono disposte in fase di trasporto all’interno del modulo. Dobbiamo immaginare le sue due fiancate longitudinali come fette sovrapposte di un sandwich che via via, aprendosi, vanno a completare l’insieme. Questo è il sistema che garantisce l’espansione del modulo, ma al contempo anche l’integrità in fase di trasporto delle componenti più delicate per la vita successiva dell’unità. Va anche detto che tutto l’impianto di movimentazione è manuale e non abbisogna di operai specializzati, bastando azionare un’unica manovella per ruotare in successione le diverse pannellature [13]. Non solo, che il tempo necessario per tutta l’operazione non superava i venti minuti.

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: installazione del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Una volta stabilizzato il piano del modulo pavimentazione tramite i martinetti delle piastre metalliche, le fasi successive prevedono: I.) l’innalzamento, per ribaltamento, delle pannellature (in alto a sinistra) che andranno a costituire le facciate longitudinali del modulo (incernierate nella versione chiusa su quelle precedenti, di pavimentazione); II.) l’innalzamento, per ribaltamento, delle pannellature (in alto a destra e sotto a sinistra) che costituiranno la copertura dell’espansione (incernierate nella versione chiusa sulla fiancata interna) | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: installazione del Modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Completate le prime fasi installative, il completamento dell’assetto necessita l’uscita, per rotazione, delle quattro pannellature (in alto a sinistra) che andranno a definire la facciata anteriore e posteriore del modulo (incernierate nella versione chiusa sempre sulle fiancate interne) | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: sezione del Modulo MPL/MAPI chiuso, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | Le fiancate longitudinali del Modulo evidenziano una sovrapposizione di strati a mo' di sandwich che consente, mediante una graduale apertura e rotazione dei diversi piani, il completamento dell’insieme plastico volumetrico finale. Ciò garantisce sia l’espansione del modulo, sia l’integrità, in fase di trasporto, delle componenti più delicate per la vita successiva dell’unità | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: a confronto le immagini della messa in opera del Modulo MPL/MAPI adottato in via definitiva (sopra) e quello del prototipo approntato dall'azienda milanese IPI System (1961-1992) esperta in prefabbricati leggeri, che è stato anche utilizzato nelle riprese del filmato promozionale Italstat, diretto da Alessandro Cane nel 1983 (sotto) | In evidenza la più flagrante differenza tra i moduli, ossia la manovella che prima era risolta formalmente come una grande impugnatura a ruota (sotto) e poi è stata sostituita da una più semplice e ridotta nelle dimensioni (sopra) | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

[13] In alcune foto che presentiamo (vedi nota 12 e qui sotto), la manovella presenta una grande impugnatura a ruota che sarebbe poi stata sostituita da una più semplice e ridotta nelle dimensioni.

Moduli connetivi, arredi, impiantistica

Ora che abbiamo il nostro MPL in assetto di servizio, guardiamolo. Ha la configurazione di un edificio a un piano, con il suo tetto spiovente, l’ingresso definito e accogliente, finestre rettangolari con persiane scorrevoli. E l’interno? Va premesso che il MPL non viaggia vuoto. Al suo interno sono stipati i mobili previsti per la sua configurazione. Inoltre sul soffitto della sua parte centrale, in corrispondenza dell’ingresso, corre tutta l’impiantistica – di riscaldamento, elettrica ed idrico-sanitaria. Se il modulo è previsto per la destinazione abitativa porta anche il blocco cucina, predisposto sempre nella parte centrale. Esso contempla il lavello, il frigorifero, quattro piastre più forno, cappa e pensili, nonché gli arredi utili. Il bagno è sempre disposto nella parte centrale posteriore, ed è costituito da un blocco unico, prefabbricato, in materia plastica, completamente sostituibile alla bisogna grazie ad un accesso verso l’esterno, dedicato e protetto da una grata [14].

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: vista frontale del modulo MPL/MAPI, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | La configurazione complessiva – che richiama evidentemente quella di un edificio a un piano, con il tetto spiovente e l’ingresso definito e accogliente (arretrato e protetto rispetto al “fronte”) – definisce e si rifà a un modello di abitazione del tutto abituale all'utenza potenziale, cercando così di ridurre al minimo le qualità e le assonanze “non temporanee” del nucleo abitativo in assetto operativo | © & courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: a confronto le immagini relative alle persiane scorrevoli (a incasso nella parete) del Modulo MAPI adottato in via definitiva (a sx) e quelle del prototipo approntato dall'azienda milanese IPI System (1961-1992) esperta in prefabbricati leggeri, che è stato utilizzato nelle riprese del filmato promozionale Italstat, diretto da Alessandro Cane nel 1983 (a dx) | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO (sx) / © & courtesy Archivio Massimo Ruffilli [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI: quattro immagini relative alle componenti di arredo del modulo MAPI - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | La forma regolare e l’ampiezza dei vani consentono l’arredamento dell’alloggio con vari tipi di arredi. Nel trasporto fino al luogo d’impiego, il Modulo contiene sia i divisori che gli arredi programmati. Qui, in particolare, sono proposti alcuni pezzi di arredamento standard che (dal comodino all'armadio a una anta) sono concepiti appositamente per il Modulo in modo analogo, ossia studiati per risultare facilmente smontabili e impilabili in pochissimo spazio | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI, modulo MAPI - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84 | Il nucleo centrale strutturale del Modulo con, evidenziati in azzurro, l'impiantistica di riscaldamento, i blocchi bagno (A) e cucina (B), entrambi predisposti e installati in stabilimento nel nucleo centrale del Modulo, ovvero quello corrispondente all’assetto chiuso | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI, modulo MAPI - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84 | Un esempio di blocco cucina, che contempla il lavello, il frigorifero, quattro piastre più forno, cappa e pensili, nonché gli arredi utili. Come accade per il blocco bagno anche il blocco cucina è predisposto e installato in stabilimento nel nucleo centrale del Modulo | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI, modulo MAPI - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84 | Sopra: piante delle quattro proposte progettuali mono e bifamiliari con evidenziata (in azzurro) la posizione dell'area del bagno, sempre disposto nella parte centrale posteriore del modulo abitativo. Sotto: progetto (a sx) e vista zenitale (a dx) del blocco unico, prefabbricato in materia plastica costituito dal bagno standard dell'intero sistema | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI, modulo MAPI - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84 | Pianta e prospetto retrostante della versione 750 del Modulo MAPI con evidenziata (in azzurro) l'area del bagno, sempre disposto nella parte centrale posteriore (a sx); vista dell'area retrosante del modulo abitativo con, in primo piano, la grata che protegge l'accesso dall'esterno al bagno (a dx) | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

[14] Il bagno era stato concepito come un blocco unico prefabbricato in vista del riutilizzo del MAPI. Prevedendo che del modulo sarebbe stata la componente più usurata dopo un lungo periodo di esercizio, pensarla indipendente, e direttamente raggiungibile, significava poterla sostituire senza alcuna complicanza.

La composizione interna del MAPI è flessibile, prevedendo con tramezzi diverse possibilità di conformazione, per entrambe le versioni dimensionali, in modo da ospitare, garantendo sempre un ambiente di soggiorno e la zona notte, le diverse realtà familiari in essere.

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI, modulo MAPI - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84 | Come accade per il modulo MPL anche del Modulo MAPI sono previste due versioni, diverse tra loro per le dimensioni longitudinali, rispettivamente di ml. 7,50 e 9,12 mentre identica rimane la dimensione trasversale. Secondo la versione adottata, avendo a disposizione un massimo di 55 e 67.00 mq. sono state previste progettualmente almeno sei soluzioni abitative con una superficie utile, compresa tra i circa 25 mq. e i 67.00 mq. Il MAPI 750 (sopra), nella soluzione unifamiliare è destinato a un nucleo familiare di 4 o 5 persone e, nella soluzione bifamiliare, è destinato a due nuclei di 1 o 2 persone, mentre il MAPI 912 (sotto), nella soluzione unifamiliare, è destinato a un nucleo di 5 o 6 persone (max di sup. utile); in quella bifamiliare a due nuclei, uno di 1 o 2 persone (min. di sup. utile) e l’altro di 4 persone | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Se invece il MPL ha destinazione diversa, ancora una volta i moduli sono forniti con la stessa impiantistica, con gli arredi utili, mentre il modulo bagno avrà una predisposizione diversa secondo necessità.

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI, modulo MPL - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84 | Alcune ipotesi di utilizzo non abitativo dello spazio interno del Modulo pluriuso che consente, mediante l’uso di attrezzature ed arredi diversi a seconda delle esigenze, l’utilizzo del Modulo per molteplici finalità. Un ufficio pubblico, un ambulatorio, una piccola scuola, uno spaccio, una chiesa e tanti altri servizi collettivi indispensabili alla vita di una comunità o anche, un dormitorio, un comando logistico, un laboratorio, possono trovare, di volta in volta, una razionale sistemazione mediante soluzioni programmate dei divisori interni, dei blocchi servizio e degli arredi fissi e mobili | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Pierluigi Spadolini, Sistema SAPI, modulo MPL - sistema abitativo di pronto intervento per insediamenti provvisori, 1982-‘84 | Vista interna di un modulo MPL completamente arredato | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Ma non solo. Il sistema prevede anche due moduli connettivi, di dimensioni minori, che consentono, per avere organismi spaziali più ampi in rapporto alla destinazione d’uso, un’aggregazione di più MPL o di più MAPI: un’aggregazione lineare, utilizzando il modulo PL, o – servendosi del modulo MCO, dotato di quattro aperture che possono essere completate con serramenti o tamponate – una aggregazione cruciforme. Mentre però il PL serve solo da collegamento, il MCO, di grandezza pari al nucleo centrale del MPL (7,50 x 2,44 x 2,40), può, nel caso, assolvere funzioni proprie ed essere allestito in modo opportuno, divenendo a seconda della sua aggregazione di riferimento un laboratorio, una medicheria, un disimpegno.

Un esempio di aggregazione complessa fra moduli MPL e moduli di connettivo MCO con evidenziati gli elementi/moduli connettivi PL | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]





Lo stesso esempio di aggregazione complessa con evidenziati i moduli di connettivo MCO | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Sopra: una aggregazione lineare fra moduli MPL e moduli connettivi MCO tramite gli elementi/moduli connettivi PL (color lilla). Al centro: particolare, in pianta, dell'elemento/modulo connettivo PL. Sotto: Un esempio reale di aggregazione tra un modulo MPL/MAPI e un modulo connettivo MCO con, evidenziato in azzurro, l'elemento/modulo connettivo PL (a sx); due disegni della stessa aggregazione disegnata sia frontalmente che in sezione con l'ingombro dell'elemento/modulo connettivo PL sempre evidenziato in azzurro (al centro e a dx) | Particolarità dell’elemento di connessione PL è quello di permettere collegamento tra più moduli anche nel caso di non perfetto allineamento e planarità tra di essi: funziona cioè anche come elemento di snodo con tolleranze rispettivamente di 5° e di 5 cm. Lungo la direzione dell’asse longitudinale l’elemento di connessione può permettere uno scostamento massimo da zero a dieci centimetri tra i piani frontali di due moduli | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Sopra: una pianta con un esempio aggregativo fra moduli MPL (in viola) e moduli connettivi MCO (in azzurro) tramite gli elementi/moduli connettivi PL (in grigio). Al centro: la stessa aggregazione, in versione reale, fra due moduli MPL (color lilla) e un modulo di connettivo MCO (in azzurro). Sotto: vista assonometrica di alcuni moduli MCO aggregati tra loro tramite elementi/moduli connettivi PL (a sx); due piante di modulo di connettivo MCO predisposti per funzioni di distribuzione come atrio e/o collegamento (sopra) e per funzione mista di ingresso e servizi igienico-sanitari | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Esempio di aggregazione modulare cruciforme. Ai quattro vertici cardinali altrettanti moduli MPL/MAPI (in bianco) collegati a quattro moduli di connettivo MCO (in azzurro) da sette elementi/moduli connettivi PL (color lilla) | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Nella fase iniziale, in attesa della predisposizione di infrastrutture permanenti, era anche prevista la presenza di moduli di servizio semoventi (MSS) per fornire le opere di urbanizzazione primaria e per sopperire al fabbisogno energetico ed idrico. Ciascun MSS era costituito da due container fissati al pianale di un semirimorchio, in grado di servire dai dodici ai quindici MPL, appunto per il fabbisogno idrico, per quello energetico, per la raccolta di liquami e di rifiuti solidi, per creare strade pedonali e carrabili, nonché per creare l’illuminazione pubblica.

Il Modulo semovente di servizio MSS fornisce alle unità abitative e a quelle destinate alle infrastrutture secondarie, energia elettrica e acqua potabile, consentendo inoltre, mediante le sue dotazioni, l’agibilità immediata dei servizi igienici, nonché la realizzazione delle strade, pedonali e carrabili, e delle reti idriche ed elettriche. È costituito da due contenitori costruiti in lamiera d’acciaio stampata ancorata a strutture portanti sempre in acciaio, provvisti di blocchi d’angolo per il fissaggio al pianale di carico. I due contenitori, rispettivamente di dimensioni m. 3,00 x 2,44 x 2,44 (h) e m. 7,55 x 2,44 x 3,00 (h) trovano alloggiamento su un semirimorchio trainato da motrice. Il primo contenitore, destinato principalmente ai serbatoi idrici e che può essere anche trasferito sulla motrice per ulteriori approvvigionamenti, presenta un vano completamente libero, mentre nel secondo (immagine in basso) sono previsti degli scomparti nei quali sono ubicate le apparecchiature e le dotazioni. L’accesso ai vani interni è assicurato da sportellature ribaltabili con chiusura esterna | © & courtesy Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO [x]

Ecco dunque completato il nostro SAPI, o meglio il nostro borgo destinato a durare tutto il tempo necessario alla ricostruzione effettiva dei luoghi in caso di calamità [15].

[15] Si pensava che il Sistema potesse essere impiegato anche in altri settori, dagli interventi di recupero nei centri storici alle grandi manifestazioni sportive, dai centri di servizio provvisori a quelli per la logistica delle forze dell’ordine e delle forze armate.

Riconoscimenti e impiego concreto del sistema

Il SAPI viene progettato in tempi rapidi, nonostante la sua complessità e il controllo da parte di Spadolini dell’ingegnerizzazione del progetto; viene realizzato un modello in legno in grandezza naturale del MPL da Luciano Franceschini, un abile falegname di Terni, per verificare i vari sistemi di ribaltamento; e poi viene approntato il prototipo da IPI System, un’azienda esperta in prefabbricati leggeri, che faceva capo all’Italstat. Nel frattempo per documentare l’impresa si coinvolge il regista Alessandro Cane e si dà vita a un filmato che racconta le fasi della sua installazione. Si decide poi la produzione, affidata dall’Italstat ad una società sua affiliata, la Edil.Pro. - Società per lo sviluppo di programmi di ricerca, di progettazione e coordinamento esecutivo per l'edilizia, costituita il 12 gennaio 1978 e con sede a Roma.

Alcune immagini delle riprese del filmato (per la regia di Alessandro Cane) che racconta le fasi dell'installazione drl prototipo del modulo abitativo MAPI approntato dall'azienda milanese IPI System (1961-1992) esperta in prefabbricati leggeri, 1983 ca. | © & courtesy Archivio Massimo Ruffilli [x]





Immagini di dettaglio dello stesso filmato diretto da Alessandro Cane, 1983 ca. | © & courtesy Archivio Massimo Ruffilli [x]

Il progetto è diventato prodotto, industriale. Come tale, si guadagna nel 1987 un Compasso d’Oro “per gli alti contenuti di immagine e di comfort ottenuti in una casa di pronto intervento per la prima volta concepita con un elevato livello di industrializzazione”. Mai menzione, seppur sintetica, fu così precisa.
Spadolini riesce nell’utopia di ogni architetto: costruire dal nulla una città. Realizza anche come industrial designer qualcosa che esula dal normale perimetro di un designer: costruire dal nulla una città.
Però la vicenda del SAPI nel suo prosieguo è triste, nonostante un inizio promettente.

Mai usato per le popolazioni terremotate dell’Irpinia, ha un primo impiego in uno stato federato dell’URSS, la Repubblica Socialista Sovietica Armena, colpita nel dicembre 1988 da un devastante terremoto con epicentro nella città di Spitak. Nonostante le tensioni della guerra fredda ancora in essere, si registrarono, in soccorso delle vittime, numerosi interventi umanitari internazionali, grazie anche all’appello del Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov. L’Italia, con una missione organizzata dalla Protezione civile, dona all’Armenia, oltre a carichi di viveri e di medicinali, una piccola città attuata con il sistema SAPI. Vengono spediti via mare nel febbraio 1989 «196 moduli abitativi, 16 moduli di servizio, 40 container industriali e 13 container di tipo speciale», che avrebbero ospitato una comunità di mille persone, come attesta il quotidiano “la Repubblica” di allora [16].

Una fase dell'installazione in loco dei 196 moduli abitativi del Villaggio Italia completato a Spitak (Armenia) nel 1990 (a sinistra); Assonometria del progetto di urbanizzazione (a destra) | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat (Arca Edizioni), courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini [x]





Veduta aerea del Villaggio Italia realizzato a Spitak (Armenia) nel 1990 | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat (Arca Edizioni), courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini [x]

[16] Cfr. IRI-Italstat costruirà in Armenia il “Villaggio Italia” per i terremotati, “la Repubblica”, 7 febbraio 1989, reperibile in https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/02/07/iri-italstat-costruira-in-armenia-il.html [consultato il 5 maggio 2022]. Si veda anche il già citato L’Italstat. Dalla città al territorio: le opere del Gruppo guidato dall’Italstat, finanziaria dell’Iri per le infrastrutture, l’edilizia, l’ingegneria civile e l’assetto del territorio, pubblicazione a cura del Servizio Ricerca e sviluppo dell’Italstat, Arca Edizioni, Milano 1989

Pare anche che l’insediamento fosse affiancato da un ospedale da campo, fornito dagli alpini di Bergamo, da un centro socio-sanitario per l’assistenza ai bambini, e da una scuola, forse anch’essi realizzati con moduli del sistema. Nacque così a Spitak il “Villaggio Italia”. L’affidabilità e la confortevolezza della struttura furono testate; anzi, crearono non poco imbarazzo agli organizzatori della spedizione per le prepotenti pressioni dei notabili politici del luogo, desiderosi di aggiudicarvisi un alloggio, scavalcando i più bisognosi. Circa la sua durata nel tempo, a dimostrazione quindi della conseguente possibilità di essere riutilizzato per una nuova emergenza una volta concluso il suo precedente impiego, ci viene in soccorso la presentazione di un libro, edito recentemente [17], che ci conferma che il Villaggio Italia a Siptak è tuttora esistente.

Alcuni dei 196 moduli abitativi MAPI del sistema SAPI istallati organicamente nel Villaggio Italia, a Spitak (Armenia), 1989-90 | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat (Arca Edizioni), courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini [x]





Veduta d'insieme del Villaggio Italia tuttora operante attualmente a Spitak (Armenia), 2020 | © & courtesy Depiver.com [x]

[17]. Pubblicato dalla padovana Elmi's World nel 2012, Il lungo inverno di Spitak è il libro scritto da Mario Massimo Simonelli. La presentazione a cui alludo, cita «Il Villaggio Italia, tuttora esistente, fu inaugurato il 31 maggio 1989», ed è tuttora reperibile al seguente indirizzo internet:
www.trevisotoday.it/eventi/cultura/armenia-presentazione-libro-alla-libreria-lovat-di-villorba-2090233.html [consultato il 5 maggio 2022].

Una immagine, risalente al 2020, dell'area d'insediamento del Villaggio Italia a Spitak in Armenia avvenuta tra 1989 e il 1990 | Come si può notare, dopo oltre 30 anni le abitazioni temporanee di costruzione italiana sono tuttora operative (gli interventi più appariscenti attuati nel corso del tempo nei riguardi dei moduli hanno coinvolto le coperture) | © & courtesy Stories Beyond The Ruins [x]





Un'altra veduta dell'interno dell'area d'insediamento del Villaggio Italia a Spitak in Armenia, 2020 | © & courtesy Urbanista [x]

L’articolo de “la Repubblica” ci fornisce altre due utili indicazioni. La prima riguarda la sperimentazione in corso di “un nuovo tipo con struttura portante in alluminio e con un peso ridotto (sei tonnellate) per consentirne il trasporto anche con elicotteri”, a confermarci che la ricerca progettuale sul MPL di Spadolini continuava, come l’investimento dell’Italstat nel renderlo ancor più competitivo. L’altra riguarda il suo costo “approssimativo”, indicato sui cento milioni di lire a modulo, una cifra consistente ma, tutto considerato e messo in conto, molto accettabile, che quindi non giustifica l’oblio che l’ha investito.

Un epilogo amaro

Come si spiega allora che sul SAPI si sia steso un velo di silenzio? Su di esso hanno pesato le vicende subite dall’IRI con la presidenza di Romano Prodi, che fra le tante operazioni mette in liquidazione l’Italstat nel 1991, nonostante che la presidenza Bernabei avesse portato il suo capitale sociale a mille e cinquecento miliardi di lire e il suo fatturato annuo a seimila miliardi di lire. Con la solita modalità italiana gattopardesca, l’Italstat viene acquisita da Iritecna-Società per l'Impiantistica Industriale e l'Assetto del Territorio, mentre Bernabei lascia il suo incarico per fondare una propria società di produzione televisiva, la Lux Vide. A sua volta Iritecna, dopo appena pochi anni, nel 1994, viene messa in liquidazione e rilevata da Fintecna-Società per l’Impiantistica Industriale e l’Assetto del Territorio che la ristruttura mettendo in atto un programma di privatizzazioni. In questo balletto Edil.Pro., concessionaria dei brevetti del SAPI e della sua produzione, verrà fusa nel 1995 in Fintecna e poi messa in liquidazione.

Non è chiaro come il catalogo prodotti detenuto da Edil.pro. passi a Sicit, con sede a Pennabilli, altra azienda, attiva nella prefabbricazione, dell’Italstat, poi passata in Iritecna che tenta di liquidarla già nel 1993 [18]. La Sicit viene acquisita (con il suo stabilimento e il suo catalogo) nella seconda metà dell’ultimo decennio del secolo scorso dalla CE.ME.CO di San Severino Marche, nata all’inizio degli anni Ottanta del Novecento con un profilo rivolto alla prefabbricazione in cemento armato. L’intento è di potenziare la sua presenza sul mercato del settore, come dimostrerebbero le coeve acquisizioni di altre aziende della zona: la Lorev di Fabriano, che produce macchine e impianti per la lavorazione del calcestruzzo, e la GF di Appignano, che si occupa di produzione di infissi.

[18] Cfr. Edoardo Borriello, Iritecna, l’ora della falce: 13 società in liquidazione, “la Repubblica”, 27 luglio 1993:
ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/07/27/iritecna-ora-della-falce-13-societa.html
[consultato il 5 maggio 2022]. Va inoltre ricordato che appartenente al gruppo IRI-Italstat, almeno fino al 1988, la Sicit viene costituita il 21 marzo 1967 con sede a Milano. In seguito alla deliberazione assembleare del 6 maggio 1974, infine, l'originaria ragione sociale di Società industriale commerciale italiana, muta Società italiana per la costruzione industrializzata e tecnoagricola.

Il nuovo gruppo, che mantiene in essere indifferentemente le denominazioni di Sicit e di CE.ME.CO, è proprietario dei diritti sul SAPI e ha continuato a presentarlo – sotto il cappello ora di Sicit, ora di CE.ME.CO – in brochure aziendali e anche in Rete, dichiarando di averlo messo in esercizio nelle alluvioni nel Nord-Est dell’Italia e nel terremoto avvenuto in Umbria e nelle Marche nel 1997 [19]. Ovviamente senza nessun riconoscimento al suo progettista o alla sua storia. Inoltre ha implementato il modello originario con una versione MAPI-H destinato ad uso specificatamente ospedaliero, di ambulatorio polifunzionale. Di fatto un MPL nella sua versione più piccola, dotato di arredi dedicati alla sua destinazione d’uso, ma con un secondo ingresso per barellati e disabili, pensato per insediamenti nei cantieri, nei posti di frontiera, in villaggi del Terzo Mondo, o in situazioni emergenziali, come è avvenuto a Macugnaga nel 2000 in seguito a una frana che ha isolato il paese e altre sette frazioni dei dintorni.

[19] Cfr. www.cemeco.net/wp-content/uploads/2020/04/CEMECO-Srl-Moduli-Hospital.pdf;
Cfr. www.sicit.com/mapi.asp (†); Cfr. http://web.tiscali.it/sicit/mapi3.html [tutti consultati il 5 maggio 2022]

Sicit - CE.ME.CO, MAPI-H, 1999 ca, Sicit - CE.ME.CO | Implementazione del modulo spadoliniano destinato a uso specificatamente ospedaliero, di ambulatorio polifunzionale. Di fatto un MPL, con un secondo ingresso per barellati e disabili, il cui utilizzo è certamente attestato in occasione dell'alluvione franosa a Macugnaga nel 2000 | © & courtesy Sicit - CE.ME.CO [x]

In seguito a quest’intervento la Protezione civile della Val d’Aosta ha chiesto nel 2005 alla CE.ME.CO lo studio di una sua versione elitrasportabile, che ha determinato la nascita del MAPI AOSTA, risolto con uno studio che prevede il suo trasporto a settori e la possibilità del loro posizionamento calandoli dall’alto. L’ufficio tecnico della CE.ME.CO mi ha confermato che dopo il 2010, in seguito al nuovo dimensionamento imposto dalla Protezione civile ai moduli abitativi d’emergenza (6x2,50 da chiusi), il MPL ha perso ogni interesse di mercato.

Field Hospitals Technologies, MAPI AOSTA, versione elitrasportabile di modulo ambulatoriale realizzato da Sicit - CE.ME.CO, nel 2005, per la Protezione civile della Val d’Aosta | Assemblati in loco tutti i componenti sono trasferiti sul posto mediante 8 trasporti con elicottero relativi ai seguenti settori: 1) basamento; 2) blocco servizi igienici; 3) blocco cucina-armadio; 4) tre pareti modulo “A”; 5) tre pareti modulo “B”; 6) tetto modulo “A”; 7)tetto modulo “B”; 8) tetto modulo “C” | © & courtesy CE.ME.CO [x]

Si conclude, con molta amarezza, la vicenda di un bel progetto, sicuramente il migliore di Pierluigi Spadolini designer, nato dalla sinergia di tre intelligenze, che per motivi diversi avevano a cuore le sorti del paese, e demolito dalle vicende di una politica non sempre illuminata. Poco noto agli storici del design, non ha avuto nemmeno quel riconoscimento intellettuale che meritava, come la ristretta bibliografia che qui si acclude attesta. La scatola da scarpe con cui ironicamente è partito meritava, sicuramente, un destino migliore.

On/Off

Riferimenti Bibliografici

2018	Simona Canepa, Living mobile for emergency: lessons from big architects, in Marco Vaudetti, Valeria Minucciani, Simona Canepa, Nilufer Saglar Onay (a cura di), Suspended Living in Temporary Space. Emergencies in the Mediterranean Region. International Conference Proceedings. 9 October 2017. Politecnico di Torino, Lettera Ventidue Edizioni, Siracusa
2010	Sintesi di tesi di laurea. Università degli Studi di Firenze – Facoltà di Ingegneria. Dall’abitazione temporanea all’edificio: innovazione e modularità di un sistema abitativo contemporaneo. Autore: Cecilia Paccheri. Relatori Prof. Ing. Ettore Guglielmi, Prof. Ing. Gloria Terenzi, Ing. Lorenzo Mattioli. Data di laurea: Luglio 2009, in “bollettino ingegneri”, n.8/9, 2010
2005	Giampaolo Lavaggi, L’alloggio provvisorio per l’emergenza. L’evoluzione storica, dal 1940 ad oggi: ricerca, progetti, prodotti, in Donatella Mazzoleni, Marichela Sepe, Rischio sismico, paesaggio, architettura: l'Irpinia, contributi per un progetto, Università degli studi di Napoli Federico II - CRdC-AMRA, Ed. Alinea, Napoli
2003	Eleonora Trivellin, Abitare on the road, Ed. Alinea, Firenze
2000	Carmine Carlo Falasca, Architetture ad assetto variabile, Ed. Alinea, Firenze
1998	Giuseppe Chigiotti, Pierluigi Spadolini. Il design, Firenze,, Edizioni Cadmo, Fiesole - Firenze
1998	Eleonora Trivellin, Storia della tecnica edilizia in Italia: dall’unità ad oggi, Ed. Alinea, Firenze
1993	Maurizio Vitta, Pierluigi Spadolini e Associati. Architetture 1953-1993, l’Arca Edizioni, Milano
1988	Francesco Gurrieri (cura di), Pierluigi Spadolini. Umanesimo e tecnologia, Electa, Milano
1988	Corrado Latina, Sistemi abitativi per insediamenti provvisori, BE-MA editrice, Milano
1985	Giovanni Klaus Koenig, Pier Angelo Cetica, Francesco Gurrieri, Pierluigi Spadolini. Architettura e sistema. Otto opere in mostra ad Agliana. Giugno 1985, s.n.t.

Giuseppe Chigiotti (Grosseto, 1946)




Se nella progettazione delle barche Pierluigi Spadolini si era spesso trovato a faticare non poco per far collimare metodologie contraddittorie (come quelle del disegno industriale e dell’artigianato) e mettere d’accordo le ferree leggi dell’idrodinamica con le logiche del comfort, egli poté comunque trarre da essa vantaggio per un’altra importante esperienza progettuale.
Gli studi per gli spazi minimi delle barche furono infatti fondamentali per iniziare ad affrontare il progetto del MAPI, Modulo abitativo di pronto impiego visto come elemento base del SAPI, Sistema abitativo di pronto impiego. In realtà, questo progetto mostra però una complessità di aspetti tale da rappresentare (da una parte) la conclusione dell’esperienza di Pierluigi Spadolini nel campo del design. È (dall’altra parte) l’anello di congiunzione tra tutte le sue attività progettuali e tutte le sue ricerche nella teorizzazione sia del disegno industriale, sia dell’architettura che della prefabbricazione. Furono questi campi nei quali le problematiche della tipizzazione, dell’industrializzazione e della componibilità, viste come procedimento e non come risultato, ebbero un grande peso per Spadolini.
Dopo le esperienze nel campo della nautica, che secondo Spadolini avevano rappresentato l’incontro (fino ad allora da lui considerato improbabile) tra il disegno industriale e l’artigianato, egli riscopre dunque l’industria come nuovo stimolo al progetto. E non a caso l’anno nel quale verrà progettata la sua ultima imbarcazione coinciderà con l’avvio del progetto per il MAPI.
È quantomai naturale che per Pierluigi Spadolini, a distanza di anni dal suo primo avvicinarsi da grande entusiasta al mondo della produzione e del disegno industriale, questo nuovo approcciarsi al progetto per la produzione industriale avvenga attraverso tipologie produttive diverse da quelle con cui si era già misurato e delle quali aveva già visto il limite.
Proprio per questo la sua nuova scelta cade in un campo che da un lato tiene conto delle sue esperienze nella progettazione dell’edilizia industrializzata (esperienza che egli aveva intrapreso a partire dai primi anni Sessanta) e dall’altro dagli studi degli spazi minimi affrontati per la nautica.
Il progetto per il Modulo abitativo di pronto impiego nasce da delle richieste che erano giunte da parte del ministero della Protezione civile a seguito delle calamità che avevano colpito il nostro paese a partire dai primissimi anni Ottanta. Ciò di cui si necessitava, era di poter disporre in breve tempo di edifici provvisori, facilmente trasportabili e recuperabili, che non richiedessero opere destinate alla loro installazione, tali da non apportare danni al terreno e che non dovessero in alcun modo essere condizionate proprio dalla sua natura e dalle sue condizioni.
Il Modulo non necessita infatti di opere di fondazione, perché dotato di slitte con appoggi telescopici che permettono una istallazione perfettamente parallela al terreno. Venti minuti sono necessari per aprire il sistema di pareti (ripiegate per renderlo facilmente immagazzinabile, come qualunque altro prodotto industriale) senza l’uso di personale specializzato, rispondendo a pieno al suo rapido impiego in condizioni di emergenza. In più ogni modulo può essere facilmente recuperabile lasciando il terreno nelle medesime condizioni, anche grazie alla perfetta autonomia dal punto di vista impiantistico-funzionale.
L’idea guida è quella di avere una struttura abitativa che non necessiti di opere di cantiere in loco, perché realizzata e già pronta in officina, attraverso l’aggregazione di una componentistica in grado di definirne l’aspetto formale, funzionale e impiantistico. Il Modulo abitativo di pronto impiego non venne concepito da Pierluigi Spadolini come un organismo a se stante, ma come parte di un progetto più vasto (definito Sistema abitativo di pronto impiego) che comprendeva altri moduli polifunzionali che si trasformavano in elementi di connessione dell’intero sistema insediativo: reso, proprio grazie a essi, totalmente autonomo in tutte le funzioni e prestazioni dal territorio nel quale era insediato. Il progetto di Spadolini, oltre ad essersi concentrato sullo studio della producibilità industriale dei singoli moduli, e della messa a punto delle soluzioni funzionali, tecnologiche e impiantistiche, ha cercato di connotare questo manufatto industriale e tecnologico con un’immagine familiare e riconoscibile come elemento di un insediamento abitativo al di là della semplificazione stessa dell’immagine.
Senza dubbio il MAPI rappresenta così la sintesi di quaranta anni di ricerca nel campo del progetto di industrial design che Pierluigi Spadolini ha perfezionato integrandolo con le proprie ricerche sempre relazionate alle logiche della produzione industriale. Dall’architettura al design per il prodotto industriale e alla prefabbricazione e poi nuovamente al design per le situazioni estreme, e all’architettura sempre con un credo assoluto nei confronti della sperimentazione. Pronto a confutarne in ogni momento la validità nella concretezza dell’operare. Concretezza che è potuta anche sembrare anacronistica in anni nei quali il design ha preferito frequentare i più facili paradisi della pura creatività. Una creatività sicuramente importante ma che non deve mai rinunciare a quelle istanze che rendono il disegno industriale disciplina progettuale indispensabile per l’evoluzione della società.

Titolo / Title:

Pierluigi Spadolini: il design

Autore / Author:

Giuseppe Chigiotti

Luogo / Place:

Edizioni Cadmo, Fiesole - Firenze (www.torrossa.com/it/resources/an/2249738)

Data / Date:

1998

“la Repubblica” (Roma, 1976)




ROMA: È partita ieri dal porto di Civitavecchia la prima nave italiana carica di moduli abitativi dell’IRI-Italstat destinati ai terremotati dell’Armenia. La Jolly nero ha lasciato lo scalo laziale alle 15, grazie ad una temporanea sospensione dell’agitazione dei portuali. A bordo della portacontainer, che raggiungerà il porto sovietico di Poti, nel Mar Nero, l’11 febbraio prossimo, erano sistemati cento moduli abitativi pronto impiego (Mapi) realizzati dalla Edil-Pro (gruppo IRI-Italstat) e acquistati dal ministero della Protezione civile, che li ha destinati all’Urss. Verranno installati nella città di Spitak, dove tra 60 giorni comincerà a nascere il Villaggio Italia, che una volta ultimato ospiterà circa mille armeni colpiti dal sisma del sette dicembre scorso.
Alla cerimonia di partenza della nave era presente il ministro della Protezione civile, Vito Lattanzio, il presidente dell’IRI Romano Prodi, il presidente dell’Italstat Ettore Bernabei, l’ambasciatore sovietico in Italia Nicolai Lunkov ed il presidente della Edil-Pro Cesare Meschini. Questa spedizione – ha detto Lattanzio – è la prosecuzione dell’impegno solidaristico dell’Italia verso l’Urss, che ha visto quasi ogni giorno partire aerei verso l’Armenia, carichi di viveri e di medicinali. Il Villaggio Italia a Spitak sarà composto da 196 moduli abitativi, 16 moduli di servizio, 40 container industriali e 13 container di tipo speciale. Verrà affiancato da un ospedale da campo fornito dagli alpini di Bergamo e da un centro socio-sanitario per l’assistenza ai bambini.
Le caratteristiche del modulo sono state illustrate dall’architetto Pierluigi Spadolini, il padre del progetto. Gli elementi base hanno una superficie di 56 o 76 (sic) metri quadri, secondo il tipo, e pesano intorno alle otto tonnellate. Sono resistenti a temperature esterne che vanno da meno 30 a più 70 gradi, e sono completi di cucine e di bagni. Ogni modulo ha un costo approssimativo di cento milioni di lire. Il modulo, brevettato in 36 paesi, è unico al mondo per concezione e robustezza. Può essere montato in trenta minuti e non richiede l’uso di fondazioni. Prossimamente ne verrà sperimentato un nuovo tipo con struttura portante in alluminio e con un peso ridotto (sei tonnellate) per consentirne il trasporto anche con elicotteri. Il costo complessivo dell’operazione sarà di 35 miliardi di lire, a carico della Protezione civile. In realtà sembra che il costo effettivo sia maggiore: si parla di 50 miliardi per i prefabbricati e 15 miliardi per il trasporto. Resta da chiedersi se davvero l’IRI e la Protezione civile sia in grado di fronteggiare la spesa. Sembra che Bernabei abbia chiesto contributi a tutte le società collegate.

Titolo / Title:

IRI-Italstat costruirà in Armenia il “Villaggio Italia” per i terremotati

Autore / Author:

Redazione “la Repubblica”

Luogo / Place:

Roma, “la Repubblica” (ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/02/07...)

Data / Date:

07 febbraio 1989

001	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
002	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © & courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
003	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
004	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © & courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
005	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
006	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
007	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © & courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
008	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
009	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
010	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © & courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
011	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
012	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
013	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
014	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
015	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
016	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
017	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
018	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
019	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat, courtesy Archivio Masssimo Polidori (ArchitettiRoma.it)
020	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © & courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
021	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © & courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
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051	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
052	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
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055	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
056	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
057	Pierluigi Spadolini, SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento: MPL - Modulo (Base) Pluriuso; MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento; PL - Elemento (Modulo) Pluriuso di Connessione; MCO - Modulo (di) Connettivo; MSS - Modulo Semovente di Servizio, 1982-‘84, Edil.Pro. (1978) Gruppo IRI-Italstat - Roma | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat / Sicit - CE.ME.CO, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
058	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
059	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
060	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | Da destra: l'allora Ministro per il coordinamento della protezione civile, Vincenzo Scotti (4 agosto 1983 – 26 marzo 1984), il suo immediato successore, Giuseppe Zamberletti e Pierluigi Spadolini | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
061	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | Ancora a destra di Pierluigi Spadolini (al centro) sono riconoscibili sia il futuro Ministro per il coordinamento della protezione civile Giuseppe Zamberletti che il Ministro carica, Vincenzo Scotti (4 agosto 1983 – 26 marzo 1984) | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
062	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | Il Modulo MPL/MAPI installato all'interno della manifestazione espositiva | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
063	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | Da sinistra: Giuseppe Zamberletti e Pierluigi Spadolini, all'interno del Modulo installato mentre illustrano il progetto all'allora Ministro per il coordinamento della protezione civile, Vincenzo Scotti (4 agosto 1983 – 26 marzo 1984) | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
064	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | All'interno del Modulo installato Pierluigi Spadolini mentre illustra il progetto a Vincenzo Scotti, Ministro per il coordinamento della protezione civile dal 4 agosto 1983 al 26 marzo 1984 | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
065	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | Ancora all'interno del Modulo installato Pierluigi Spadolini a colloquio col Ministro per il coordinamento della protezione civile Vincenzo Scotti (4 agosto 1983 al 26 marzo 1984) | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
066	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | Il Modulo MPL/MAPI installato all'interno della manifestazione espositiva e (al centro) il suo autore, Pierluigi Spadolini | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
067	Aeritalia. Progetto Protex 84 per la Protezione civile - presentazione ufficiale del Sistema Abitativo di Pronto Intervento SAPI, Roma, 1984 | Sulla destra Pierluigi Spadolini con Gillo Dorfles | © Archivio Eredi Pierluigi Spadolini, courtesy Alberto Di Cintio
068	Alcune immagini delle riprese del filmato (per la regia di Alessandro Cane) che racconta le fasi dell'installazione del prototipo del modulo abitativo MAPI approntato dall'azienda milanese IPI System (1961-1992) esperta in prefabbricati leggeri, 1983 ca. | © & courtesy Archivio Massimo Ruffilli
069	Una fase dell'installazione in loco dei 196 moduli abitativi del Villaggio Italia completato a Spitak (Armenia) nel 1990 (a sinistra); Assonometria del progetto di urbanizzazione (a destra) | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat (Arca Edizioni), courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
070	Vista parziale dei 196 moduli abitativi del Villaggio Italia installato a Spitak (Armenia) nel 1990 | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
071	Una fase dell'installazione in loco dei 196 moduli abitativi del Villaggio Italia realizzato a Spitak (Armenia) nel 1990 | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
072	Vista di una fase finale dell'installazione in loco dei 196 moduli abitativi del Villaggio Italia completato a Spitak (Armenia) nel 1990 (a sinistra); Assonometria del progetto di urbanizzazione (a destra) | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat (Arca Edizioni), courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
073	Un altro momento dell'installazione in loco dei 196 moduli abitativi del Villaggio Italia completato a Spitak (Armenia) nel 1990 | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat, courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
074	Veduta aerea del Villaggio Italia realizzato a Spitak (Armenia) nel 1990 | © Edil.Pro. Gruppo IRI-Italstat (Arca Edizioni), courtesy Archivio Eredi Pierluigi Spadolini
075	Vista d'all'alto del Villaggio Italia tuttora operante attualmente a Spitak (Armenia), 2020 | © & courtesy Depiver.com
076	Veduta d'insieme dall'alto del Villaggio Italia tuttora operante attualmente a Spitak (Armenia), 2020 | © & courtesy Depiver.com
077	Una immagine, risalente al 2020, dell'area d'insediamento del Villaggio Italia a Spitak in Armenia avvenuta tra 1989 e il 1990 | Come si può notare, dopo oltre 30 anni le abitazioni temporanee di costruzione italiana sono tuttora operative (gli interventi più appariscenti attuati nel corso del tempo nei riguardi dei moduli hanno coinvolto le coperture) | © & courtesy Stories Beyond The Ruins
078	Un'ulteriore immagine dell'area d'insediamento del Villaggio Italia a Spitak in Armenia (avvenuta tra 1989 e il 1990) con una vista più dettagliata del più vistoso intervento, attuato presumibilmente dagli stessi utenti, sulle coperture delle abitazioni temporanee, 2020 | © & courtesy Depiver.com
079	Veduta dell'interno dell'area d'insediamento del Villaggio Italia a Spitak in Armenia, 2020 | © & courtesy Urbanista
080	A destra: una immagine tratta delle riprese del filmato (per la regia di Alessandro Cane) che racconta le fasi dell'installazione del prototipo del modulo abitativo MAPI approntato dall'azienda milanese IPI System (1961-1992) esperta in prefabbricati leggeri, 1983 ca. / Faces of Armenia A sinistra: una immagine recente del Villaggio Italia a Spitak, 2020 ca. | © & courtesy Archivio Massimo RuffilliPierluigi Spadolini (a dx) / © & courtesy Faces of Armenia

1982-’84 Sistema SAPI - Sistema Abitativo di Pronto Intervento 

L'origine del progetto è collegata alle grandi calamità naturali che hanno colpito il nostro Paese (Friuli, Campania, Basilicata) per le quali gli interventi di soccorso finalizzati al reinsediamento provvisorio delle popolazioni, in attesa della ricostruzione, sono stati svolti per lo più, in varie fasi, con l'impiego di diversi mezzi – roulotte, container, prefabbricati leggeri – nati per esigenze e destinazioni diverse. Conseguenza di ciò sono stati disagi e gravi diseconomie dovuti a fattori vari quali, tra l'altro, l'esigenza in molti casi di adattare successivamente tali mezzi alle necessità, l'accavallamento degli stessi nelle varie fasi d'intervento il rapido e grave deperimento delle roulotte, il basso livello abitativo dei container e l'elevato grado di non recuperabilità dei prefabbricati, la forte incidenza delle opere di urbanizzazione e di fondazione, il forte degrado dei terreni utilizzati. Di qui è nata l'idea di una sola unità che concentri in sé le tre fasi del «dopo tenda». Un Modulo pluriuso, cioè, recuperabile, attrezzabile in vari modi a seconda delle necessità, che non abbia bisogno di fondazioni, che possa essere trasportato con mezzi normali e messo in esercizio rapidamente, che possa essere riutilizzato più volte.

Dalle motivazioni sopra accennate e sulla base di questi indirizzi generali, con la collaborazione degli organi della Protezione Civile, si è sviluppato il progetto SAPI che ha prodotto non solo una semplice cellula abitativa, ma un sistema integrato, completo di servizi e di infrastrutture, ricco di molteplici valenze di utilizzo. Infatti, se nel caso della protezione civile, l'impiego del SAPI è finalizzato al reinsediamento temporaneo delle popolazioni colpite da calamità fino alla ricostruzione o al recupero degli insediamenti definitivi, il Sistema ha ulteriori ampie potenzialità in altri settori e in altri casi nei quali l'alloggiamento provvisorio non è strumentale alla ricostruzione ma è invece legato a vari tipi di attività quali: utilizzi civili per grandi lavori, interventi di recupero nei Centri storici, alloggiamenti provvisori in aree urbane a forte tensione abitativa o a fronte di esigenze derivanti da fenomeni di mobilità della popolazione, iniziative pubbliche dirette a particolari settori o a particolari fasce sociali (grandi manifestazioni sportive, assistenza agli anziani e all'infanzia, ecc.).

Una delle due caratteristiche chiave del Sistema e degli elementi che lo compongono è il rifiuto di ogni modalità costruttiva, sostanziale o anche soltanto formale ed estetica, che possa collegarsi alla provvisorietà e alla precarietà o che comunque ne suggerisca la sensazione. L’altra caratteristica fondamentale è che la realizzazione degli elementi costituenti il SAPI e cioè i Moduli pluriuso (MPL), i Moduli abitativi (MAPI), quelli di connettivo (MCO), il Modulo semovente di servizio (MSS) e le sue dotazioni per le infrastrutture primarie, avviene interamente in officina, il che costituisce un avvio effettivo di edilizia prodotta industrialmente.

Sia i Moduli pluriuso (MPL) sia quelli abitativi (MAPI) hanno la pecularità di essere immagazzinati e poi trasportati sul luogo di impiego in assetto chiuso e di essere poi aperti, mediante la rotazione su cerniere delle pareti d’ambito orizzontali e verticali incorporate nella sagoma, triplicando la loro superficie e il loro volume.

Elemento base del Sistema è il modulo pluriuso MPL. Con il volume interno interamente disponibile è stato ideato per i più svariati impieghi: può essere, a titolo di esempio, un ufficio, un laboratorio, una mensa, uno spaccio, una scuola con una o due aule, un ambulatorio ecc. Più moduli pluriuso, sono facilmente aggregabili tra loro mediante l’elemento di connessione PL, consentendo la realizzazione di organismi più complessi atti a soddisfare le diverse esigenze di un insediamento, quali un ospedale, una scuola, un centro civico, un centro commerciale ecc.
Il Modulo di connettivo MCO, a sua volta unito a degli MPL o ad altri MCO, integra ed incrementa le funzioni della aggregazione, rendendo disponibili ambienti destinati ad atrio, a disimpegno, a servizi specializzati quali: una infermeria, una sala operatoria, una cucina ecc.

Nella versione abitativa il Modulo pluriuso – che prende il nome di MAPI – può essere mono o bifamiliare e ospitare rispettivamente un nucleo famigliare di quattro, cinque persone o due nuclei distinti, composti ciascun di due tre persone. Sia il Modulo pluriuso MPL che quello abitativo MAPI, contengono al loro interno, durante il trasporto, nell’assetto chiuso, le attrezzature e gli arredi, fissi e mobili, necessari per assolvere alle funzioni cui sono destinati. Pertanto con l’utilizzo dei Moduli pluriuso e abitativi sopra descritti è possibile creare dal nulla in tempi praticamente ridotti a zero, insediamenti dotati di un alto standard abitativo, completi di urbanizzazioni secondarie.

Le principali caratteristiche costitutive del sistema SAPI sono:
I. Trasportabilità e facilità di immagazzinamento determinate dal fatto che i Moduli base del Sistema (MPL e MAPI), nel loro assetto chiuso, occupano un terzo del volume sviluppato in condizione di impiego ed hanno le dimensioni di un comune container. E come un container possono essere movimentati, caricati, scaricati e stoccati anche su più livelli.
II. Rapidità di installazione e immediata funzionalità consentite dalla non necessità di particolari predisposizioni dei terreni e quindi dall'assenza di fondazioni, nonché dalle semplici manovre che i Moduli base richiedono per essere aperti e per le quali occorrono meno di trenta minuti. Sia per quanto riguarda la versione abitativa (MAPI), sia nel caso di diversa destinazione (MPL), ufficio, mensa, ambulatorio, il Modulo contiene le attrezzature ed eventualmente anche gli arredi che ne permettono l'immediata abitabilità e funzionalità.
III. Flessibilità di impiego nelle più diverse circostanze del Sistema consentita dalla possibilità di attrezzare i vari Moduli a seconda delle circostanze e delle esigenze più diverse e anche di aggregarli tra loro.
IV. Recupero totale e possibilità di riutilizzo ripetuto che, costituendo input essenziali del progetto, sono stati resi possibili nella ideazione e realizzazione del prodotto, anche mediante l'adozione di materiali e tecnologie avanzate.

Fonte: SAPI Sistema Abitativo di Pronto Impiego - brochure Sicit, s.d.

Modulo MPL - Modulo base Pluriuso 

Il Modulo pluriuso MPL che costituisce l’elemento base del sistema abitativo di pronto impiego SAPI, è un parallelepipedo a geometria variabile. Immagazzinato e trasportato nell’assetto chiuso, una volta collocato sul terreno, viene aperto mediante la rotazione su cerniere delle pannellature di involucro mobili, assumendo la configurazione d’uso in circa 20 minuti. Del Modulo MPL sono previste due versioni, diverse tra loro per le dimensioni longitudinali, rispettivamente di ml. 7,50 e 9,12 mentre identica rimane la dimensione trasversale. Da qui le denominazioni MPL 750 e MPL 912. L’apertura delle parti mobili triplica il volume iniziale del modulo base MPL, ottenendo una superficie utile, che a secondo del modello, è compresa circa tra i 55 e i 67.00 mq. Le caratteristiche del modulo sono tali da poter essere utilizzati per un periodo di tempo medio-lungo. Il recupero totale dei modulo e la loro riutilizzazione sono consentite dall’uso dei materiali appropriati e tecnologie avanzate, come il vetroresina e la pultrusione. Lo spazio interno, completamente disponibile, consente mediante l’uso di attrezzature ed arredi diversi a seconda delle esigenze, l’utilizzo del Modulo per molteplici finalità. Un ufficio pubblico, un ambulatorio, una piccola scuola, uno spaccio, una chiesa e tanti altri servizi collettivi indispensabili alla vita di una comunità o anche, un dormitorio, un comando logistico, un laboratorio, possono trovare, di volta in volta, una razionale sistemazione mediante soluzioni programmate dei divisori interni, dei blocchi servizio e degli arredi fissi e mobili. Nella destinazione abitativa il Modulo pluriuso prende la denominazione di MAPI, Modulo abitativo di pronto impiego. Prodotto nelle tipologie mono e bifamiliare, è in grado di ospitare, rispettivamente nei due casi, nuclei di quattro-cinque persone e di due-tre persone. I blocchi bagno e cucina vengono installati in stabilimento nel nucleo centrale del Modulo, quello ossia corrispondente all’assetto chiuso. La forma regolare e l’ampiezza dei vani consentono l’arredamento dell’alloggio con vari tipi di arredi. Nel trasporto fino al luogo d’impiego, il Modulo contiene i divisori e gli arredi programmati o eventualmente richiesti.

Fonte: SAPI Sistema Abitativo di Pronto Impiego - brochure Sicit, s.d.

Peso MPL 750: 7.500 Kg.


Peso MPL 912: 9.200 Kg.


Dimensioni Modulo MPL 750 | 912 in assetto chiuso (stoccaggio e trasporto)  


Larghezza: 2,440 m. | 2,440 m.


Lunghezza: 7,500 m. | 9,120 m.


Altezza: 3,182 m. | 3,182 m.


Superficie: 18,300 mq. | 22,253 mq.


Volume*: 58,230 mc. | 70,809 mc.


* Il volume è da intendersi per una altezza misurata al piano di posa degli slittoni al colmo della coprtura fissa.


Dimensioni Modulo MPL 750 | 912 in assetto aperto (d’uso)  


Larghezza: 7,320 m. | 7,320 m.


Lunghezza: 7,500 m. | 9,120 m.


Superficie: 54,000 mq. | 65,840 mq.


Volume: 141,490 mc. | 172,510 mc.


H. zona centrale: 2,236 m. | 2,236 m.


H. interna max: 2,498 m. | 2,498 m.


H. interna min**: 2,240 m. | 2,240 m.


** Da intendersi come valore medio tra i due piani della controsoffittatura.

Struttura del nucleo centrale:

Realizzata in lamiera d’acciaio piegata e profilati metallici, consente da un lato pesi contenuti, dall’altro la massima affidabilità per le diverse funzioni che da essa dipendono. Su tale struttura si imperniano le pannellature mobili d’involucro


Pannellature fisse e mobili d’involucro:

Sono costituite ciascuna da tre elementi fondamentali tra loro intimamente connessi e precisamente:
• I profili di bordo ai quali sono affidate tutte le funzioni di articolazione e di battuta fra pannelli adiacenti oltre a quelle strutturali. Per la realizzazione di questi profili in vetroresina, è stata utilizzata la tecnologia della “pulltrusione”, applicata nel settore delle materie plastiche per la costruzione di pezzi speciali, ma mai, fino ad oggi, usata nel settore edilizio. Questa tecnologia ha consentito la produzione di elementi di ottima precisione, con forme scatolari e tubolari anche complesse, resistenti a carichi di rottura paragonabili a quelli dei metalli.
• I cantonali ossia gli elementi d’angolo dei pannelli che collegano i profili di bordo di cui al punto precedente, realizzati, mediante stampaggio ad iniezione, in policarbonato semiespanso.
• I pannelli piani veri e propri, costituiti da un sandwich formato da due lastre di vetro resina ottenute per laminazione e interposto strato coibente di polisocianurato espanso.
I tre componenti sopra descritti, uniti tra loro mediante incollaggio, consentono, stante l’omogeneità dei rispettivi materiali, una monoliticità assoluta dell’insieme che presenta:
• resistenza anche a notevoli sollecitazioni di carico;
• grande leggerezza ed elasticità;
• stabilità dimensionale con tolleranze contenute;
• elevato grado di coibentazione;
• elevata resistenza alla fiamma.


Guarnizioni:

Realizzate in gomma neoprenica, le guarnizioni, che lungo tutto il perimetro dei pannelli sono doppie e sono fissate alle cornici di perimetro ad incastro, hanno sezioni di varia forma, tali da garantire, lungo tutte le superfici di contatto, la tenuta sia all’acqua che all’aria. Sempre mediante pulltrusione e in resine poliesteri e fibre di vetro sono prodotti gli appoggi ruotanti continui, ricavati nelle cornici dei pannelli, che permettono la rotazione di ampie superfici-parete, eliminando l’uso delle cerniere tradizionali.


Componenti di servizio e divisori interni:

Sono costituiti dal blocco bagno, dal blocco cucina completo di ogni attrezzatura e dalle pareti interne comprendenti le porte, di misure e caratteristiche diverse, che possono essere messi in opera in qualsiasi Modulo pluriuso, attrezzandolo cosi per la destinazione programmata. Attraverso questa logica che distingue nettamente il Modulo vuoto, dai componenti per l’interno, si ottiene:
• una produzione industrializzata dei contenitori Moduli nelle varie tipologie;
• la possibilità di stoccaggio di Moduli pluriuso, da poter corredare, di volta in volta, con componenti complessi (blocchi servizio) e/o semplici (divisori interni), secondo le necessità e le richieste;
• la facilità di sostituzione, per riparazioni o manutenzione, di componenti complessi e semplici, perché non fanno parte integrante del Modulo, ma sono elementi aggiunti ed indipendenti


Impiantistica:

Concentrata nel nucleo centrale, coincidente dimensionalmente con il volume del Modulo nell’assetto chiuso, è costituita da:
• impianto di riscaldamento ad aria calda e ad energia elettrica, ubicato al di sopra del controsoffitto e fornito di bocchette di immissione per i vari ambienti; dell’impianto di riscaldamento sono disponibili anche altre versioni su richiesta (ad es. con alimentazione a gas) oppure è disponibile un impianto di condizionamento con pompa di calore;
• impianto elettrico,contenuto in due canalette longitudinali appositamente progettate e costruite, attrezzate con prese, interruttori quadro e apparecchi illuminanti;
• impianto idrico sanitario, comprendente le tubazioni di adduzione e di scarico che collegano attacchi e scarichi prestabiliti sia all’interno che all’esterno del Modulo, posizionate al di sotto del solaio centrale. Il gruppo bagno è previsto in due soluzioni alternative, una realizzata con un blocco avente tutte le sue superfici interamente realizzate in vetro resina e una seconda che impiega apparecchiature igieniche in porcellana di tipo tradizionale e pareti identiche a quelle usate per gli altri ambienti del modulo.


Nucleo centrale strutturale:

A questo componente sono collegati mediante appoggi continui rotanti tutti i pannelli mobili d’involucro e su di esso si imperniano le varie rotazioni. È composto, in sintesi dai seguenti elementi:
• Telaio su slitta e planale
Telaio realizzato in profilati laminati a caldo e lamiere d’acciaio è costituito da due longheroni con funzioni di slitta, collegati tra loro trasversalmente da travi secondarie. A ciascuno dei longheroni sono collegate, con cerniere, due travi, estraibili mediante rotazione, sulle quali vanno ad appogiare i pannelli di pavimento mobile. Dette travi hanno alla loro estremità una piastra d’appoggio in lamiera nervata a forma di disco, dotata di vite di regolazione di dimensione variabile, tale da contenere la pressione di contrasto sul terreno. Al di sopra del telaio sopra descritto è posizionato il pianale destinato ad accogliere il pavimento, fissato mediante bullonatura. Lungo i lati longitudinali sono applicati, mediante rivettatura, due profilati estrusi in lega leggera, che costituiscono le culle di rotazione dei pannelli di pavimento mobile. La coibentazione del pianale è realizzata in poliurelano rigido espanso.
• Portali longitudinali e trasversali
Sono costituiti da telai rigidi realizzati in lamiera di acciaio piegata e zincata, collegati al telaio slitta mediante bullonatura dei montanti alle traverse predisposte nel telaio di cui sopra. La rigidezza delle lamiere è stata ottenuta mediante imbutiture praticate sulle stesse.
• Struttura del pannello di copertura fissa
È una struttura a due falde, realizzata mediante profilati in acciaio piegati a freddo, di sezione ad omega, collegata, mediante bulloni, ai portali longitudinali.


Pannellature di involucro:

Le pannellature esterne sono realizzate mediante due lastre di resina poliestere insatura, perfettamente polimerizzata e rinforzata con fibre di vetro (PRFV), accoppiate da uno strato di polisocianurato con funzione di strato coibente; i diversi strati sono fra loro opportunamente collegati per consentire un funzionamento di insieme atto a garantire la necessaria rigidezza. I bordi dei pannelli sono chiusi da profilati di vetroresina incollati strutturalmente alle facce di PRFV, tramite i quali avviene il collegamento con gli altri pannelli e col pavimento fisso del nucleo centrale. Tali profili assolvono in alcuni casi la funzione di battuta e in altri la funzione di articolazione, fungendo da appoggio per la rotazione dei pannelli mobili oltre a contenere le doppie guarnizioni di tenuta. L’unione dei profili agli angoli è assicurata mediante cantonali di raccordo in policarbonato semiespanso stampato ad iniezione, anche essi incollati ai profili. In particolare per i seguenti elementi si precisa quanto segue:
• Pannellature di tamponamento
Queste pannellature presentano sul profilo verticale interno, una cerniera di alluminio fissata mediante rivettatura, intorno alla quale avviene il movimento di rotazione durante l’apertura del Modulo.
• Pannello di copertura fissa
All’interno di tale pannello è posizionata la struttura metallica per il collegamento ai portali longitudinali.
• Celino, Imbotte, guscio frontale
Sono costituili da una sola lastra di PRFV con applicata una coibentazione in polisocianurato rigido; sono fissati mediante avvitatura agli elementi strutturali metallici.


Serramenti esterni:

• Finestre
Sono costituite da un telaio fisso, provvisto di accessori per l’ancoraggio alle pareti e da un telaio apribile sia ad anta che a wasistass (optional). Il tutto ottenuto con profili estrusi in cloruro di polivinile (PVC) rinforzato con una anima di acciaio e completo di vetrocamera. Le finestre sono protette dall’irraggiamento solare mediante scuretti, gli scuretti possono essere di due tipi, scorrevoli a due ante, realizzati in profili estrusi di PVC rinforzati con elementi metallici e dotati di sistema di chiusura, inseriti in idonea sede, nelle pareti di ambito longitudinali, metallici con apertura a libro e ferritoie ottenute per imbutitura.
• Porta d’Ingresso
È costituita da due lastre di vetroresina con interposta coibentazione in polisocianurato rigido. Può essere dotata di un oblò con vetrocamera che consente, ove necessario l’illuminazione naturale della zona d’ingresso (optional).
• Elemento di chiusura dell’armadio tecnico e di servizio
È costituito da ante in lamiera piegata con feritoie ottenute per stampaggio.


Pareti interne:

Consentono la divisione interna dai Moduli e sono in parte fisse e in parte mobili, a libretto. Sono costituite da un sandwich composto da un telaio perimetrale in legno, da pannelli esterni in agglomeralo di legno con finitura in carta melaminica e interposto strato di materiale fonoisolante e coibente. I divisori sono dotali di porte, aventi la stessa finitura superficiale delle pareti.


Componenti di finitura:

• Controsoffitti
Sono realizzati mediante elementi in lamiera di lega leggera microforata e preverniciata, completi di materassino in lana minerale.
• Pavimenti
All’interno del Modulo, sono realizzati in linoleum del tipo variegato o a tinta unita. All’interno della zona antistante l’ingresso, in gomma industriale a bolli o rigata.


Impianti e componenti complessi:

• Impianto elettrico
L’impianto elettrico, a norme CEI, è costituito da due canalette attrezzate, posizionate al di sotto dei due telai strutturali longitudinali dei Moduli, realizzate in lamiera d’acciaio verniciata. Nelle canalette sono contenuti i circuiti dell’impianto elettrico e le tubazioni predisposte per gli impianti telefonico e TV. Sulle stesse canalette sono inoltre montati e collegati gli interruttori automatici, le prese e i corpi illuminanti. I lati longitudinali sono chiusi da pannelli modulari in lamiera fissati con viti, con forature in corrispondenza degli apparecchi utilizzatori di tipo componibile (interruttori, prese): in corrispondenza dei corpi illuminanti le chiusure sono costituite da schermi in materiale acrilico prismatizzato. Nel vano «armadio tecnico e di servizio», ubicato nella parte posteriore dei Moduli è installato l’interruttore automatico generale differenziale, collegato, con cavi, all’interruttore di alimentazione, installato nel canale attrezzato. I vari circuiti interni sono protetti da interruttori magnetotermici automatici. La messa a terra di proiezione è realizzata con spandente in acciaio ramato, da infiggere nel terreno vicino alla parte posteriore dei Moduli, al quale è collegata una corda di rame isolata che si attesta su una morsettiera di terra fissata agli slittoni.
• Impianto di riscaldamento
L’impianto di riscaldamento, del tipo a termoventilazione, con elemento scaldante a resistanza elettrica o a scambiatore di calore, è costituito da:
• la centralina di trattamento dell’aria;
• le canalìzzazioni di distribuzione;
• le bocchette di immissione dell’aria negli ambienti;
• il sistema di ripresa dell’aria degli ambienti, realizzato mediante sovralzo delle porte;
• l’impianto elettrico di comando e regolazione del termoventilatore.

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MAPI - Modulo Abitativo di Pronto Intervento 

Nella destinazione abitativa il Modulo pluriuso prende la denominazione di MAPI, Modulo abitativo di pronto impiego. Prodotto nelle tipologie mono e bifamiliare, è in grado di ospitare, rispettivamente nei due casi, nuclei di quattro-cinque persone e di due-tre persone. I blocchi bagno e cucina vengono installati in stabilimento nel nucleo centrale del Modulo, ovvero quello corrispondente all’assetto chiuso. La forma regolare e l’ampiezza dei vani consentono l’arredamento dell’alloggio con vari tipi di arredi. Nel trasporto fino al luogo d’impiego, il Modulo MAPI contiene i divisori e gli arredi programmati o eventualmente richiesti. Le prestazioni del MAPI possono essere suddivise, sotto forma di requisiti, in tre categorie:

I. Requisiti psicologico-ambientali rispondono all’esigenza che il Modulo di pronto impiego mantenga l’immagine e le caratteristiche di una vera e propria casa:
• Planimetria di forma regolare che consenta una buona distribuzione dei singoli ambienti
• Rigidezza del pavimento tale da non dare sensazioni di precarietà
• Elementi di copertura a falde inclinate
• Finestrature atte a consentire una ottima illuminazione e un diretto rapporto con l’esterno, dotate di adeguate schermature
• Zona coperta antistante l’ingresso
II. Requisiti funzionali e condizioni d’uso sono rivolti a garantire le migliori condizioni di benessere abitativo per l’utenza, anche nel caso di permanenze prolungate:
• Standard abitativo di superficie per abitante da 11 mq. a 14 mq. circa e altezza media utile di 2,40 m.
• Livelli di sicurezza definiti in base alle indicazioni della Protezione Civile
• Gradi di flessibilità abitativa programmati, nella distribuzione interna
• Possibilità per l’utente di arredare l’alloggio con mobilio di proprietà o di integrare le dotazioni previste per il Modulo
• Comfort ambientale per diverse condizioni climatiche, garantito dalla dotazione degli impianti, da livelli adeguati di coibentazione termica ed acustica e dagli accorgimenti anticondensa
III. Requisiti tecnologici generali sono rivolti a garantire le più idonee condizioni dei Moduli in merito al loro trasporto, alla loro movimentazione, messa in esercizio, stoccaggio e riutilizzazione:
• Trasportabilità stradale entro sagoma; trasportabilità ferroviaria e su nave
• Operazioni di scarico e movimentazione facilitate e possibili anche senza mezzi di sollevamento
• Installazione sul terreno in totale assenza di opere di fondazione
• Messa in esercizio rapida anche con manodopera non specializzata
• Recupero totale e riutilizzabilità
• Possibilità di stoccaggio dei moduli su due livelli

Anche del Modulo MAPI sono previste due versioni, diverse tra loro per le dimensioni longitudinali, rispettivamente di ml. 7,50 e 9,12 mentre identica rimane la dimensione trasversale. L’apertura delle parti mobili triplica il volume iniziale del modulo MAPI chiuso, ottenendo soluzioni abitative con una superficie utile, che secondo il modello e la soluzione proposta sono comprese tra i circa 25 mq. e i 67.00 mq. Il MAPI 750, nella soluzione unifamiliare è destinato a un nucleo familiare di 4 o 5 persone e, nella soluzione bifamiliare, è destinato a due nuclei di 1 o 2 persone, mentre il MAPI 912, nella soluzione unifamiliare, è destinato a un nucleo di 5 o 6 persone (max di sup. utile); in quella bifamiliare a due nuclei, uno di 1 o 2 persone (min. di sup. utile) e l’altro di 4 persone.

Fonte: SAPI Sistema Abitativo di Pronto Impiego - brochure Sicit, s.d.

Peso MAPI 750: 8.500 (monofam.) / 9.200 (bifam.) Kg.


Peso MAPI 912: 10.500 (monofam.), 11.500 (bifam.) Kg.


Dimensioni Modulo MAPI 750 | 912 in assetto chiuso (stoccaggio e trasporto)  


Larghezza: 2,440 m. | 2,440 m.


Lunghezza: 7,500 m. | 9,120 m.


Altezza: 3,182 m. | 3,182 m.


Superficie: 18,300 mq. | 22,253 mq.


Volume*: 58,230 mc. | 70,809 mc.


* Il volume è da intendersi per una altezza misurata al piano di posa degli slittoni al colmo della coprtura fissa.


Dimensioni Modulo MAPI 750 | 912 in assetto aperto (d’uso)  


Larghezza: 7,320 m. | 7,320 m.


Lunghezza: 7,500 m. | 9,120 m.


Superficie: 54,000 mq. | 65,840 mq.


Volume: 141,490 mc. | 172,510 mc.


H. zona centrale: 2,236 m. | 2,236 m.


H. interna max: 2,498 m. | 2,498 m.


H. interna min**: 2,240 m. | 2,240 m.


** Da intendersi come valore medio tra i due piani della controsoffittatura.

Struttura del nucleo centrale:

Realizzata in lamiera d’acciaio piegata e profilati metallici, consente da un lato pesi contenuti, dall’altro la massima affidabilità per le diverse funzioni che da essa dipendono. Su tale struttura si imperniano le pannellature mobili d’involucro


Pannellature fisse e mobili d’involucro:

Sono costituite ciascuna da tre elementi fondamentali tra loro intimamente connessi e precisamente:
• I profili di bordo ai quali sono affidate tutte le funzioni di articolazione e di battuta fra pannelli adiacenti oltre a quelle strutturali. Per la realizzazione di questi profili in vetroresina, è stata utilizzata la tecnologia della “pulltrusione”, applicata nel settore delle materie plastiche per la costruzione di pezzi speciali, ma mai, fino ad oggi, usata nel settore edilizio. Questa tecnologia ha consentito la produzione di elementi di ottima precisione, con forme scatolari e tubolari anche complesse, resistenti a carichi di rottura paragonabili a quelli dei metalli.
• I cantonali ossia gli elementi d’angolo dei pannelli che collegano i profili di bordo di cui al punto precedente, realizzati, mediante stampaggio ad iniezione, in policarbonato semiespanso.
• I pannelli piani veri e propri, costituiti da un sandwich formato da due lastre di vetro resina ottenute per laminazione e interposto strato coibente di polisocianurato espanso.
I tre componenti sopra descritti, uniti tra loro mediante incollaggio, consentono, stante l’omogeneità dei rispettivi materiali, una monoliticità assoluta dell’insieme che presenta:
• resistenza anche a notevoli sollecitazioni di carico;
• grande leggerezza ed elasticità;
• stabilità dimensionale con tolleranze contenute;
• elevato grado di coibentazione;
• elevata resistenza alla fiamma.


Guarnizioni:

Realizzate in gomma neoprenica, le guarnizioni, che lungo tutto il perimetro dei pannelli sono doppie e sono fissate alle cornici di perimetro ad incastro, hanno sezioni di varia forma, tali da garantire, lungo tutte le superfici di contatto, la tenuta sia all’acqua che all’aria. Sempre mediante pulltrusione e in resine poliesteri e fibre di vetro sono prodotti gli appoggi ruotanti continui, ricavati nelle cornici dei pannelli, che permettono la rotazione di ampie superfici-parete, eliminando l’uso delle cerniere tradizionali.


Componenti di servizio e divisori interni:

Sono costituiti dal blocco bagno, dal blocco cucina completo di ogni attrezzatura e dalle pareti interne comprendenti le porte, di misure e caratteristiche diverse, che possono essere messi in opera in qualsiasi Modulo pluriuso, attrezzandolo cosi per la destinazione programmata. Attraverso questa logica che distingue nettamente il Modulo vuoto, dai componenti per l’interno, si ottiene:
• una produzione industrializzata dei contenitori Moduli nelle varie tipologie;
• la possibilità di stoccaggio di Moduli pluriuso, da poter corredare, di volta in volta, con componenti complessi (blocchi servizio) e/o semplici (divisori interni), secondo le necessità e le richieste;
• la facilità di sostituzione, per riparazioni o manutenzione, di componenti complessi e semplici, perché non fanno parte integrante del Modulo, ma sono elementi aggiunti ed indipendenti


Impiantistica:

Concentrata nel nucleo centrale, coincidente dimensionalmente con il volume del Modulo nell’assetto chiuso, è costituita da:
• impianto di riscaldamento ad aria calda e ad energia elettrica, ubicato al di sopra del controsoffitto e fornito di bocchette di immissione per i vari ambienti; dell’impianto di riscaldamento sono disponibili anche altre versioni su richiesta (ad es. con alimentazione a gas) oppure è disponibile un impianto di condizionamento con pompa di calore;
• impianto elettrico,contenuto in due canalette longitudinali appositamente progettate e costruite, attrezzate con prese, interruttori quadro e apparecchi illuminanti;
• impianto idrico sanitario, comprendente le tubazioni di adduzione e di scarico che collegano attacchi e scarichi prestabiliti sia all’interno che all’esterno del Modulo, posizionate al di sotto del solaio centrale. Il gruppo bagno è previsto in due soluzioni alternative, una realizzata con un blocco avente tutte le sue superfici interamente realizzate in vetro resina e una seconda che impiega apparecchiature igieniche in porcellana di tipo tradizionale e pareti identiche a quelle usate per gli altri ambienti del modulo.


Nucleo centrale strutturale:

A questo componente sono collegati mediante appoggi continui rotanti tutti i pannelli mobili d’involucro e su di esso si imperniano le varie rotazioni. È composto, in sintesi dai seguenti elementi:
• Telaio su slitta e planale
Telaio realizzato in profilati laminati a caldo e lamiere d’acciaio è costituito da due longheroni con funzioni di slitta, collegati tra loro trasversalmente da travi secondarie. A ciascuno dei longheroni sono collegate, con cerniere, due travi, estraibili mediante rotazione, sulle quali vanno ad appogiare i pannelli di pavimento mobile. Dette travi hanno alla loro estremità una piastra d’appoggio in lamiera nervata a forma di disco, dotata di vite di regolazione di dimensione variabile, tale da contenere la pressione di contrasto sul terreno. Al di sopra del telaio sopra descritto è posizionato il pianale destinato ad accogliere il pavimento, fissato mediante bullonatura. Lungo i lati longitudinali sono applicati, mediante rivettatura, due profilati estrusi in lega leggera, che costituiscono le culle di rotazione dei pannelli di pavimento mobile. La coibentazione del pianale è realizzata in poliurelano rigido espanso.
• Portali longitudinali e trasversali
Sono costituiti da telai rigidi realizzati in lamiera di acciaio piegata e zincata, collegati al telaio slitta mediante bullonatura dei montanti alle traverse predisposte nel telaio di cui sopra. La rigidezza delle lamiere è stata ottenuta mediante imbutiture praticate sulle stesse.
• Struttura del pannello di copertura fissa
È una struttura a due falde, realizzata mediante profilati in acciaio piegati a freddo, di sezione ad omega, collegata, mediante bulloni, ai portali longitudinali.


Pannellature di involucro:

Le pannellature esterne sono realizzate mediante due lastre di resina poliestere insatura, perfettamente polimerizzata e rinforzata con fibre di vetro (PRFV), accoppiate da uno strato di polisocianurato con funzione di strato coibente; i diversi strati sono fra loro opportunamente collegati per consentire un funzionamento di insieme atto a garantire la necessaria rigidezza. I bordi dei pannelli sono chiusi da profilati di vetroresina incollati strutturalmente alle facce di PRFV, tramite i quali avviene il collegamento con gli altri pannelli e col pavimento fisso del nucleo centrale. Tali profili assolvono in alcuni casi la funzione di battuta e in altri la funzione di articolazione, fungendo da appoggio per la rotazione dei pannelli mobili oltre a contenere le doppie guarnizioni di tenuta. L’unione dei profili agli angoli è assicurata mediante cantonali di raccordo in policarbonato semiespanso stampato ad iniezione, anche essi incollati ai profili. In particolare per i seguenti elementi si precisa quanto segue:
• Pannellature di tamponamento
Queste pannellature presentano sul profilo verticale interno, una cerniera di alluminio fissata mediante rivettatura, intorno alla quale avviene il movimento di rotazione durante l’apertura del Modulo.
• Pannello di copertura fissa
All’interno di tale pannello è posizionata la struttura metallica per il collegamento ai portali longitudinali.
• Celino, Imbotte, guscio frontale
Sono costituili da una sola lastra di PRFV con applicata una coibentazione in polisocianurato rigido; sono fissati mediante avvitatura agli elementi strutturali metallici.


Serramenti esterni:

• Finestre
Sono costituite da un telaio fisso, provvisto di accessori per l’ancoraggio alle pareti e da un telaio apribile sia ad anta che a wasistass (optional). Il tutto ottenuto con profili estrusi in cloruro di polivinile (PVC) rinforzato con una anima di acciaio e completo di vetrocamera. Le finestre sono protette dall’irraggiamento solare mediante scuretti, gli scuretti possono essere di due tipi, scorrevoli a due ante, realizzati in profili estrusi di PVC rinforzati con elementi metallici e dotati di sistema di chiusura, inseriti in idonea sede, nelle pareti di ambito longitudinali, metallici con apertura a libro e ferritoie ottenute per imbutitura.
• Porta d’Ingresso
È costituita da due lastre di vetroresina con interposta coibentazione in polisocianurato rigido. Può essere dotata di un oblò con vetrocamera che consente, ove necessario l’illuminazione naturale della zona d’ingresso (optional).
• Elemento di chiusura dell’armadio tecnico e di servizio
È costituito da ante in lamiera piegata con feritoie ottenute per stampaggio.


Pareti interne:

Consentono la divisione interna dai Moduli e sono in parte fisse e in parte mobili, a libretto. Sono costituite da un sandwich composto da un telaio perimetrale in legno, da pannelli esterni in agglomeralo di legno con finitura in carta melaminica e interposto strato di materiale fonoisolante e coibente. I divisori sono dotali di porte, aventi la stessa finitura superficiale delle pareti.


Componenti di finitura:

• Controsoffitti
Sono realizzati mediante elementi in lamiera di lega leggera microforata e preverniciata, completi di materassino in lana minerale.
• Pavimenti
All’interno del Modulo, sono realizzati in linoleum del tipo variegato o a tinta unita. All’interno della zona antistante l’ingresso, in gomma industriale a bolli o rigata.


Impianti e componenti complessi:

• Impianto elettrico
L’impianto elettrico, a norme CEI, è costituito da due canalette attrezzate, posizionate al di sotto dei due telai strutturali longitudinali dei Moduli, realizzate in lamiera d’acciaio verniciata. Nelle canalette sono contenuti i circuiti dell’impianto elettrico e le tubazioni predisposte per gli impianti telefonico e TV. Sulle stesse canalette sono inoltre montati e collegati gli interruttori automatici, le prese e i corpi illuminanti. I lati longitudinali sono chiusi da pannelli modulari in lamiera fissati con viti, con forature in corrispondenza degli apparecchi utilizzatori di tipo componibile (interruttori, prese): in corrispondenza dei corpi illuminanti le chiusure sono costituite da schermi in materiale acrilico prismatizzato. Nel vano «armadio tecnico e di servizio», ubicato nella parte posteriore dei Moduli è installato l’interruttore automatico generale differenziale, collegato, con cavi, all’interruttore di alimentazione, installato nel canale attrezzato. I vari circuiti interni sono protetti da interruttori magnetotermici automatici. La messa a terra di proiezione è realizzata con spandente in acciaio ramato, da infiggere nel terreno vicino alla parte posteriore dei Moduli, al quale è collegata una corda di rame isolata che si attesta su una morsettiera di terra fissata agli slittoni.
• Impianto di riscaldamento
L’impianto di riscaldamento, del tipo a termoventilazione, con elemento scaldante a resistanza elettrica o a scambiatore di calore, è costituito da:
• la centralina di trattamento dell’aria;
• le canalìzzazioni di distribuzione;
• le bocchette di immissione dell’aria negli ambienti;
• il sistema di ripresa dell’aria degli ambienti, realizzato mediante sovralzo delle porte;
• l’impianto elettrico di comando e regolazione del termoventilatore.
• Impianto Idrico-sanitario
L’impianto idrico-sanitario nel caso dei Moduli abitativi MAPI è costituito da tre componenti:
• Impianto di distribuzione e scarico delle acque
È realizzato in tubi di polietilene reticolato ed è completo di saracinesca di intercettazione generale. L’impianto di scarico è suddiviso in due reti distinte, una per acque grigie ed una per acque nere. Le tubazioni sono in polietilene duro. L’impianto delle acque grigie raccoglie anche le acque provenienti dalla cucina.
• Blocco bagno
È costituito da diversi elementi assemblati a formare un unico blocco autoportante. In particolare, sul basamento, realizzato in profili di acciaio, piegati a freddo e zincati, appoggia ed è collegata la scocca in vetro resina opportunamente irrigidita. La superficie in vista della scocca (verso l’interno) è in gel-coat e presenta una superficie antiraschio, lucida e di elevata durezza. Il fondo della scocca è di tipo antiscivolo. Il bagno è completo di apparecchi sanitari in porcellana, rubinetteria e boyler da 10 lt.
• Blocco cucina
Il blocco che si presenta come un unico elemento contenitore autoportante, realizzato con pannelli sandwich laccati esternamente e placcati in laminato plastico comprende (su richiesta):
• un gruppo d’elementi pensili completo di cappa aspirante e filtrante;
• uno scolapiatti;
• una cucina dotata di quattro piastre elettriche e un forno in lamiera di acciaio smaltato con isolamento in lana di vetra, completo di termostato, luce e di due resistenze corazzate in acciaio inox;
• un frigorifero con capacità di circa lt. 140 con termostato regolabile completo di luce interna e di accessori d’uso;
• un lavello ad una vasca in acciaio inox AISI 304 (18/10), completo di rubinetterie in ottone cromato e sottolavello.
• Impianto di movimentazione (optional)
Ha lo scopo di consentire l’apertura e la chiusura manuale del Modulo. Si compone di un gruppo riduttore corredato di rinvio angolare, alberi di trasmissione, tamburi di avvolgimento delle funi metalliche, le funi metalliche stesse oltre ai necessari rinvii. Pertanto, è possibile con una manovella situata in una unica posizione, ruotare in successione i pannelli di pavimento, le pareti longitudinali e le coperture mobili, awalendosi inoltre, di una serie di elementi ausiliari da collocarsi, solo durante la manovra, ai quattro angoli del Modulo.

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PL - Modulo / Elemento pluriuso 

L’elemento di connessione PL ha la funzione di consentire il collegamento tra due o più Moduli pluriuso MPL o di connettivo MCO, in rapporto al tipo di congiunzione proprio di ciascuno di essi. Pertanto ai fini della realizzazione di organismi complessi quali un piccolo ospedale, un centro commerciale o civico, una sede di uffici ecc, più MPL possono essere collegati tra loro e formare aggregazioni in linea o a croce, usufruendo anche del Modulo di connettivo MCO. Ovviamente anche più MCO possono essere connessi tra loro mediante il PL per costruire elementi di servizio semplici e complessi a supporto delle funzioni previste per l’organismo complessivo. Particolarità dell’elemento di connessione PL è quello di permettere collegamento tra più moduli anche nel caso di non perfetto allineamento e planarità tra di essi: funziona cioè anche come elemento di snodo con tolleranze rispettivamente di 5° e di 5 cm. Lungo la direzione dell’asse longitudinale l’elemento di connessione può permettere uno s ostamento massimo da zero a dieci centimetri tra i piani frontali di due moduli.
L’elemento di connessione è costituito da due anelli in poliestere rinforzato con fibre di vetro, aventi dimensioni corrispondenti alle aperture previste sulle pareti frontali del nucleo centrale di ogni modulo. Gli anelli hanno una sezione di forma tale da permettere il loro reciproco sovrapporsi su una faccia e l’ancoraggio ai fronti dei moduli sulle altre due. Le variazioni dimensionali, di sovrapposizione o di angolatura, conferiscono al sistema le possibilità di variazione e di snodo. Ai fini della tenuta agli agenti esterni ogni contatto con le altre superfici avviene per ancoraggio meccanico con interposizione di guarnizioni di tenuta. Anche movimenti reciproci fra i due anelli mantengono le condizioni di tenuta per la presenza di una membrana in tessuto poliestere rinforzato che si svolge lungo tutto il loro perimetro ed è ancorata ad esso tramite guarnizioni a scatto. Il piano di calpestio, costituito da una pedana metallica incernierata e poggiante sugli stessi anelli garantisce la continuità dei pavimenti e permette nel contempo i movimenti reciproci.

Fonte: SAPI Sistema Abitativo di Pronto Impiego - brochure Sicit, s.d.

Anelli:

Realizzati in resina poliestere rinforzata con fibra di vetro, costituiti da lastre sagomate finite con vernici poliuretaniche a buccia d’arancio, su sottofondo epossidico


Pedana di calpestio:

In lastra di lega leggera, rivestita con pavimento di gomma incollato


Guarnizioni:

In gomma neoprenica ottenuta per trafilatura con inserimento di anima in acciaio


Collegamento flessibile tra gli anelli:

Realizzato in tessuto poliestere plastificato

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MCO - Modulo (di) Connettivo 

Il modulo di connettivo MCO è un parallelepipedo le cui dimensioni corrispondono a quelle del nucleo centrale di un Modulo pluriuso. Sulle quattro pareti perimetrali sono previste 4 aperture, in posizione centrale rispetto alle rispettive pareti, che possono, di volta in volta, a secondo delle esigenze, essere completate con serramenti di tipo diverso o anche tamponate con pannelli ciechi.
Il Modulo di connettivo MCO assolve, nell’ambito del sistema abitativo di pronto impiego SAPI, due funzioni e precisamente:
• funzioni di distribuzione come atrio e/o collegamento tra più Moduli pluriuso tra loro aggregati;
• funzioni previste dalle destinazioni delle varie aggregazioni. In tal caso il Modulo può essere attrezzato, da solo o in serie con altri MCO, per servizi igienico-sanitari, laboratori, medicheria, sala operatoria ecc.

Il modulo di connettivo MCO è costituito da una scocca realizzata mediante pannellature a sandwich in poliestere rinforzato con fibre di vetro e interposto strato di polisocianurato tra loro connesse, fissata ad un pianale fornito di slittoni, del tutto analogo sia per dimensioni che per caratteristiche tecniche a quello dei Moduli MPL. Sulla copertura sono inseriti tre lucernai apribili che consentono l’illuminazione naturale dell’interno. Le pareti perimetrali sono piane, sono dotate di una apertura di forma e dimensioni corrispondenti a quelle previste nel vano di accesso dei Moduli pluriuso. Ciascuna apertura può essere fornita con i seguenti elementi di completamento:
• pannello finestra ad una anta;
• pannello finestra a due ante;
• pannello porta;
• elemento di connessione.

Il Modulo di connettivo MCO di serie, è dotato inoltre dei seguenti impianti:
• impianto elettrico, contenuto in canalette precablate, appositamente progettate e realizzate, posizionate lungo le pareti, complete di prese, interruttori e apparecchi illuminanti;
• impianto di riscaldamento, di tipo elettrico, realizzato mediante apparecchi termoventilanti.
In relazione ad esigenze specifiche, derivanti dalla destinazione d’uso o da richieste della Committenza, il Modulo può essere attrezzato anche per gli impianti in modo conseguente.

Fonte: SAPI Sistema Abitativo di Pronto Impiego - brochure Sicit, s.d.

Lunghezza: m. 7,50


Larghezza: m. 2,44


Altezza (sul vertice dei lucernai): m. 3,182


Altezza (sulla linea di gronda): m. 3,096


Peso (modello base): kg. 2980

[Le movimentazioni di carico, scarico da automezzo e posizionamento, sono effettuate mediante autogru o fork lift].


Struttura:

Costituita da profilati a sezione rettangolare in acciaio e slittoni in lastre d’acciaio da 6 mm. collegati per saldatura.


Pannellature:

Costituite da pannelli sandwich in poliestere rinforzato con fibre di vetro e strato coibente in polisocianurato, per uno spessore totale di mm. 60. Finitura, interna ed esterna, a “buccia d’arancio” o secondo le esigenze del cliente.


Serramenti:

Costituiti da telaio fisso completo di accessori per l’ancoraggio alla parete, realizzato in profili estrusi di cloruro di polivinile (PVC) ed un telaio apribile con le stesse caratteristiche di quello precedente, completo di vetro camera.


Lucernai:

Realizzati in struttura di lega leggera e cupola di copertura termostampata da lastre di policarbonato, con intercapedine, i lucernai sono apribili mediante asta manovrata manualmente.


Controsoffitto:

Realizzato in doghe di alluminio preverniciate.


Pavimento:

Realizzato in linoleum dello spessore di 2,5 mm.


Impianto elettrico:

Realizzato in canaletta precablata completa di prese, interruttori e apparecchi illuminanti.


Impianto termico:

Di tipo elettrico, mediante elementi termoventilanti.

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MSS - Moduli di Servizio Semoventi 

Specialmente nel caso di calamità che colpiscono improvvisamente il territorio, distruggendo spesso non solo le abitazioni ma anche disattivando le reti dei servizi, è indispensabile che, almeno nella prima fase di ricovero delle popolazioni colpite, gli insediamenti a carattere temporaneo possano essere autosufficienti. A tale scopo è stato progettato e realizzato il Modulo semovente di servizio MSS che fornisce alle unità abitative e a quelle destinate alle infrastrutture secondarie, energia elettrica ed acqua potabile, consentendo inoltre, mediante le sue dotazioni, l’agibilità immediata dei servizi igienici, nonché la realizzazione delle strade, pedonali e carrabili, e delle reti idriche ed elettriche. Per facilitare la realizzazione degli insediamenti, sono state ipotizzate preventivamente alcune condizioni topografiche dei suoli destinati a ospitare gli aggregati abitativi e, in relazione a queste, le possibili distribuzioni dei moduli sul terreno. È stato studiato un certo numero di soluzioni tipo in dipendenza di alcuni parametri quali: clinometria del suolo, forma e dimensione del lotto, accessibilità e disposizione degli accessi dalla rete stradale esistente, come pure numero dei moduli da insediare (di regola da 12 a 15 per ogni insula) e forma e numero delle file che ne costituiscono il sottoraggruppamento, da definire in base ai parametri naturali sopra ricordati.
Da tutto questo sono state derivate regole elementari seguendo le quali ciascun operatore, a fronte delle condizioni del terreno che si rende disponibile e applicando formule di assoluta semplicità, può scegliere una tra le numerose soluzioni già approntate, disegnate e raccolte in un manuale d’uso. La procedura prevede il posizionamento esatto del Modulo di servizio MSS e di un primo MAPI, che fa da riferimento per la messa in sito di tutti gli altri. Le dotazioni del Modulo MSS sono dimensionate sulla base di ciascuna delle soluzioni preventivamente approntate e consentono di realizzare facilmente le urbanizzazioni primarie, sia quelle nella fase di prima emergenza (allacciamenti volanti al Modulo MSS) sia quelle della fase stabilizzata (rete fognante, idrica, ed elettrica, da realizzare con le attrezzature contenute nello stesso Modulo MSS). Pertanto, nel caso di calamità naturali, nel corso delle quali, non solo le abitazioni ma anche le reti siano state colpite, il Modulo MSS consente l’agibilità immediata degli insediamenti provvisori, fino a che le infrastrutture non siano state ripristinate. Analogamente, in altri casi, (insediamenti isolati, campi base, presidi militari, campeggi in zone protette ecc.) il Modulo MSS permette l’autosufficienza e quindi la vita e le attività.
Il Modulo MSS è costituito da due contenitori costruiti in lamiera d’acciaio stampata ancorata a strutture portanti sempre in acciaio, provvisti di blocchi d’angolo per il fissaggio al pianale di carico. I due contenitori, rispettivamente di dimensioni m. 3,00 x 2,44 x 2,44 (h) e m. 7,55 x 2,44 x 3,00 (h) trovano alloggiamento su un semirimorchio trainato da motrice. Il primo contenitore, destinato principalmente ai serbatoi idrici e che può essere anche trasferito sulla motrice per ulteriori approvvigionamenti, presenta un vano completamente libero, mentre nel secondo sono previsti degli scomparti nei quali sono ubicate le apparecchiature e le dotazioni. L’accesso ai vani interni è assicurato da sportellature ribaltabili con chiusura esterna.

Fonte: SAPI Sistema Abitativo di Pronto Impiego - brochure Sicit, s.d.

Dimensioni Contenitore I. + Contenitore II.  


Larghezza: 2,44 m.


Lunghezza: ~ 11,00 m.


Altezza (min.): 2,44 m.


Altezza (max.): 3,00 m.


Peso (a vuoto): Kg. 14.450


Peso (a pieno carico): Kg. 22.100





Dimensioni Contenitore I.  


Larghezza: 2,44 m.


Lunghezza: 3,00 m.


Altezza: 2,44 m.


Peso (a vuoto): Kg. 2.100


Peso (a pieno carico): Kg. 8.100


Apparecchiature Contenitore I. (rifornimento idrico)  


Container:

Realizzato in canaletta precablata completa di prese, interruttori e apparecchi illuminanti.


Comparti:

Unico con quattro sportellature a cerniera, posizionate sulle pareti laterali. All’interno viene fissato il serbatoio d’approvvigionamento dell’acqua da depurare, costruito in lamiera d’acciaio inossidabile, completo di indicatore visivo di livello.
Sempre all’interno del comparto sono stivati:
• i serbatoi flessibili di riserva per acqua potabile;
• i serbatoi flessibili di riserva per il gasolio;
• altre dotazioni di uso.
Il comparto può inoltre contenere circa 220 grigliati in plastica per la realizzazione della viabilità pedonale (v. grigliati stradali, pedonali e carrabili).




Dimensioni Contenitore II.  


Larghezza: 2,44 m.


Lunghezza: 7,50 m.


Altezza: 3,00 m.


Peso (a vuoto): Kg. 12.350


Peso (a pieno carico): Kg. 14.000


Apparecchiature Contenitore II. (gruppo elettrogeno, gruppo di potabilizzazione e dotazioni)  


Container:

Realizzato in canaletta precablata completa di prese, interruttori e apparecchi illuminanti.


Comparti:

8 comparti stagni, chiusi da portellature a cerniera bloccabili dall’esterno, nei quali sono ubicate le apparecchiature e le dotazioni e precisamente:
• Comparto C 1: gruppo elettrogeno;
• Comparto C2: quadri elettrici;
• Comparto C3: prese di corrente per i Moduli MAPI e MPL;
• Comparto C4: gruppo di potabilizzazione, serbatoio di accumulo per acqua depurata, quadro elettrico di comando del potabilizzatore;
• Comparto C5: tubazioni per la rete di scarico fognaria;
• Comparto C6: curve e raccordi per le tubazioni della rete di smalti mento delle acque grigie e nere;
• Comparto C7: serbatoi flessibili per la raccolta dei liquami, destinati a ciascun MAPI o agli MPL dotati di servizi;
• Comparto C8: attrezzature varie quali i cavi elettrici, spine e scatole di derivazione, il palo telescopico e il parco lampade per l’illuminazione dell’insediamento e dell’area adiacente, una serie di strumenti di lavoro e la cassetta del pronto soccorso.

1932-‘00	name:	Pierluigi Spadolini

1978	name:	Edil.Pro. - Gruppo IRI-Italstat
1967	name:	Sicit - CE.ME.CO

1987	XIV Compasso d'Oro ADI - Milano

	I maestri dell’architettura e del design - Pierluigi Spadolini Regia: A. Di Cintio / Soggetto e Sceneggiatura: A. Di Cintio, E. Segoni / Riprese: A. Cerbai, G. Savi, G. Fergus Miconi / Montaggio: G. Melis / Ottimizzazione fonti iconografiche: G. Savi, A. Comparini / Musica originale: K. MacLeod - Meditation Improptu 03
2016	© video: Università degli Studi di Firenze

2018	Simona Canepa, Living mobile for emergency: lessons from big architects, in Marco Vaudetti, Valeria Minucciani, Simona Canepa, Nilufer Saglar Onay (a cura di), Suspended Living in Temporary Space. Emergencies in the Mediterranean Region. International Conference Proceedings. 9 October 2017. Politecnico di Torino, Lettera Ventidue Edizioni, Siracusa
2010	Sintesi di tesi di laurea. Università degli Studi di Firenze – Facoltà di Ingegneria. Dall’abitazione temporanea all’edificio: innovazione e modularità di un sistema abitativo contemporaneo. Autore: Cecilia Paccheri. Relatori Prof. Ing. Ettore Guglielmi, Prof. Ing. Gloria Terenzi, Ing. Lorenzo Mattioli. Data di laurea: Luglio 2009, in “bollettino ingegneri”, n.8/9, 2010
2005	Giampaolo Lavaggi, L’alloggio provvisorio per l’emergenza. L’evoluzione storica, dal 1940 ad oggi: ricerca, progetti, prodotti, in Donatella Mazzoleni, Marichela Sepe, Rischio sismico, paesaggio, architettura: l'Irpinia, contributi per un progetto, Università degli studi di Napoli Federico II - CRdC-AMRA, Ed. Alinea, Napoli
2003	Eleonora Trivellin, Abitare on the road, Ed. Alinea, Firenze
2002	Centro MAAS, Introduzione all'archivio storico dell'IRI, 5 giugno
2000	Carmine Carlo Falasca, Architetture ad assetto variabile, Ed. Alinea, Firenze
1998	Giuseppe Chigiotti, Pierluigi Spadolini. Il design, Firenze,, Edizioni Cadmo, Fiesole - Firenze
1998	Eleonora Trivellin, Storia della tecnica edilizia in Italia: dall’unità ad oggi, Ed. Alinea, Firenze
1994	Massimo Canfailla, Athony Lee, Eugenio Martera, Pierpaolo Perra, Architetture del mare. La progettazione nella nautica da diporto in Italia, Alinea - Firenze
1993	Maurizio Vitta, Pierluigi Spadolini e Associati. Architetture 1953-1993, l’Arca Edizioni, Milano
1988	Francesco Gurrieri (cura di), Pierluigi Spadolini. Umanesimo e tecnologia, Electa, Milano
1988	Corrado Latina, Sistemi abitativi per insediamenti provvisori, BE-MA editrice, Milano
1985	Giovanni Klaus Koenig, Pier Angiolo Cetica, Francesco Gurrieri (a cura di), Pierluigi Spadolini. Architettura e sistema. Otto opere in mostra ad Agliana. Giugno 1985, s.n.t.
...	Moduli Abitativi Pronto Impiego - brochure CE.ME.CO, s.d.
...	SAPI Sistema Abitativo di Pronto Impiego - brochure Sicit, s.d.

Archivio Eredi Pierluigi Spadolini  

Maria Bendetta Spadolini
Facoltà di Architettura di Genova
spadol@arch.unige.it
www.arch.unige.it

Guido Lorenzo Spadolini
Spadolini & Architetti
via Gabriele D’Annunzio 159
50135 Firenze
phone +39 055 610529
www.spadoliniarchitetti.org

Tommaso Spadolini
Design Studio Spadolini
via delle Campora, 19/12
50124 Firenze
phone +39 055 223558
info@spadolini.it
www.spadolini.it

Archivio Massimo Ruffilli
via Jacopo Nardi, 5
50132 Firenze
phone +39 055 241990
massimo.ruffilli@tiscali.it

Sicit - CE.ME.CO
Località Pitino snc
62027 San Severino Marche - Macerata
phone +39 0733 645720
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